La devastante guerra in corso da 17 mesi in Sudan sta avendo pesanti ripercussioni anche sull’economia del Sud Sudan.
Per questo il capo dell’esercito e del governo militare sudanese ha incontrato ieri a Juba, per la seconda volta negli ultimi due mesi, il presidente sudsudanese Salva Kiir.
I due hanno discusso in particolare dell’attivazione di un comitato ministeriale congiunto che garantisca la ripresa di un flusso ininterrotto di petrolio sudsudanese verso i mercati internazionali, attraverso l’oleodotto sudanese Jabelyn-Port Sudan, di fatto fermo dal 6 febbraio.
«Gli ingegneri sudanesi hanno completato i preparativi tecnici necessari per la ripresa della produzione di petrolio» e i nostri esperti visiteranno il Sudan nelle prossime settimane per una valutazione dei progressi compiuti, ha affermato il ministro degli Esteri del Sud Sudan Ramadan Mohamed Abdallah Goc.
Di fatto però, fa notare il Sudan War Monitor, “nessuna delle due parti può ripristinare il (flusso di) petrolio a causa della rottura dell’oleodotto in un’area controllata dalle RSF”, i paramilitari in guerra contro l’esercito sudanese.
La questione petrolifera è vitale per il Sud Sudan che dall’export di greggio ricavava l’80% del PIL e il 98% del budget operativo dello stato, con picchi di produzione che toccavano i 350-400mila barili al giorno prima della guerra civile.
Ma anche per il Sudan che dal passaggio del greggio sul suo territorio fino all’hub di Port Sudan, sul Mar Rosso, ricava ricche royalty.
A preoccupare il governo sudsudanese sono anche altre conseguenze del conflitto.
Tra queste, sconfinamenti delle RSF nello stato occidentale di Bahr-El-Ghazal, dove gruppi di combattenti hanno occupato zone della contea di Raja, sfollando le comunità locali.
E poi le notizie, che circolano ormai da mesi, del reclutamento di giovani sudsudanesi da parte di entrambe le parti in guerra in Sudan per rafforzare il numero dei loro combattenti. Una preoccupazione questa, espressa anche dal capo della missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (UNMISS) e rappresentante speciale del Segretario generale ONU nel paese, Nicolas Haysom.
Per il governo di Juba comincia a farsi pesante anche la gestione delle persone in fuga dai combattimenti. In più di 745mila hanno attraversato la frontiera dall’inizio del conflitto, oltre mezzo milione di questi sono cittadini sudsudanesi che si erano rifugiati in Sudan durante la guerra civile (2013-2018).