Sudan: le Emergency Response Rooms candidate al Nobel per la pace
Conflitti e Terrorismo Pace e Diritti Sudan
Le reti di volontari di quartiere fondamentali nel fornire aiuti salvavita alle persone nelle zone di conflitto
Sudan: le Emergency Response Rooms candidate al Nobel per la pace
04 Ottobre 2024
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 3 minuti
Cucina comunitaria a El-Fasher, nel Darfur settentrionale

Ieri il Peace Research Institute Oslo (PRIO) ha annunciato la candidatura delle Emergency Response Rooms del Sudan per il premio Nobel per la pace 2024.

Si tratta di un network di giovani volontari e volontarie sudanesi attivi nel sostegno alla popolazione devastata da quasi un anno e mezzo di feroce guerra civile.

“Operando in modo decentralizzato – si legge nelle motivazioni della scelta del PRIO -, questi gruppi forniscono assistenza umanitaria essenziale in un ambiente di conflitto altamente complesso, con accesso limitato a comunità, risorse e infrastrutture. I volontari spesso operano in aree insicure, affrontando minacce di molestie e violenza”.

“Poiché il 2024 segna il 75° anniversario delle Convenzioni di Ginevra riviste, sviluppate per proteggere i civili durante la guerra, assegnare il Premio per la pace di quest’anno a un’iniziativa umanitaria meritevole come le Emergency Response Rooms sottolineerebbe l’importanza critica dell’accesso agli aiuti salvavita in tempi di conflitto”.

E in effetti l’opera di questi attivisti di quartiere è di vitale importanza, non soltanto per gli aiuti forniti ai cittadini in un paese in cui i sostegni delle organizzazioni internazionali arrivano col contagocce, ma anche perché il loro lavoro contribuisce a consolidare i legami all’interno delle comunità stesse.

Queste reti di mutuo soccorso incentrate sulle persone intervengono nei modi più disparati: ospitano gli sfollati e i più vulnerabili, supportano gli ospedali con assistenza medica, assicurano cibo, acqua e carburante, o riparano le linee elettriche e di comunicazione danneggiate dai combattimenti.

Di fatto un’organizzazione dal basso che ha coperto il vuoto lasciato dallo stato, ad esempio organizzando siti di sfollamento, trovando per le persone vie sicure di fuga, o allestendo cucine e cooperative comunitarie per l’acquisto e la distribuzione di cibo per chi è intrappolato nelle aree più duramente colpite.

Molti di questi giovani resilienti sono membri dei comitati di resistenza, gruppi che hanno svolto un ruolo di primo piano nelle proteste che nel 2019 hanno portato alla caduta del dittatore di lungo corso Omar El-Bashir, preparando il terreno per una transizione democratica che appare, purtroppo, ancora lontana.

Un lavoro, il loro, che deve fare i conti con l’ostilità di entrambe le parti in conflitto. Da un lato i paramilitari Forze di supporto rapido, dall’altro l’esercito al potere che li accusa di sostenere l’avversario.

Per timore dei bombardamenti non hanno uffici permanenti e sono dunque costretti a continui spostamenti, spesso in zone in cui le reti di telecomunicazione sono deboli.

Il loro sistema di resilienza è sostenuto economicamente per lo più da donazioni locali e della diaspora, fondi che non bastano per rispondere alle enormi esigenze della popolazione e che inoltre non è facile ricevere a causa del crollo del sistema bancario.

Lo scenario di guerra in Sudan è tra i peggiori al mondo. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) stima che ci siano attualmente 10,9 milioni di sfollati interni, con quasi 25 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza.

La carenza di cibo e la malnutrizione affligge ormai quasi l’intera popolazione, con alcune aree colpite dalla carestia e da decessi per fame. A questo si sono aggiunte alluvioni che hanno devastato i già scarsi raccolti, provocando epidemie di colera, malaria, febbre dengue.

Saliti anche i casi di morbillo e rosolia, con circa 3,4 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni ad alto rischio di malattie epidemiche, secondo l’UNICEF.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it