Sudan: l’esercito congela i conti bancari delle Rsf - Nigrizia
Conflitti e Terrorismo Sudan
La mossa di al-Burhan a un mese dallo scoppio del conflitto. Ma intanto «le Rsf hanno svuotato quasi tutte le banche»
Sudan: l’esercito congela i conti bancari delle Rsf
15 Maggio 2023
Articolo di Redazione
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Bombardamenti su Khartoum, aprile 2023 (Credit: North Africa Post)

Ieri, a un mese dall’inizio del conflitto in Sudan (il 15 aprile), il capo dell’esercito e del Consiglio sovrano Abdel Fattah al-Burhan ha emesso un decreto che blocca tutti i conti bancari del capo delle milizie paramilitari Forze di supporto rapido (Rsf) Mohamed Hamdan Dagalo (alias Hemetti, uno degli uomini più ricchi e potenti del paese), delle società affiliate alle Rsf in Sudan e nelle banche all’estero, e sostituisce il governatore della banca centrale. Licenziato anche il primo ministro.

In un comunicato, l’esercito fa sapere che “al-Burhan ha ordinato al ministero delle finanze e della pianificazione economica e alla Banca del Sudan di attuare la decisione”. Ma intanto fonti locali ci raccontano che «Le Rsf hanno assaltato e svuotato quasi tutte le banche di Khartoum e Oumdurman». 

Sempre ieri, in Arabia Saudita, i delegati dei due belligeranti sono tornati a sedersi al tavolo dei colloqui dopo l’ennesimo fallimento di accordi per il cessate il fuoco a protezione dei civili.

L’ultimo, la “Dichiarazione di Jeddah” – firmata la sera dell’11 maggio e che prevede tra l’altro l’assicurazione dell’accesso agli aiuti umanitari, il ripristino dei servizi di base, il ritiro delle forze dagli ospedali e la sepoltura dei morti civili -, non è di fatto mai stato rispettato.

Fatto che alimenta i sospetti che né al-Burhan né Hemetti abbiano il pieno controllo dei loro uomini sul terreno.

Così, mentre la capitale è sempre più devastata da combattimenti e razzie, in Arabia si continua a premere per l’apertura di una seria trattativa. I punti chiave sono la piena attuazione dell’accordo esistente, per poi passare a un cessate il fuoco duraturo.

Una prospettiva, quest’ultima, che appare però ancora lontana perché nessuna delle due parti è al momento nelle condizioni di accettare una resa.

In questi giorni i residenti di Khartoum, Omdurman e Bahri, intrappolati nelle case minacciate dai bombardamenti aerei e dalle incursioni di militari e di bande criminali che razziano le proprietà, hanno descritto feroci battaglie in strade ed edifici per il controllo dei territori.

I combattimenti hanno scosso nei giorni scorsi anche Geneina, capitale del Darfur Occidentale, regione natale di Hemetti e roccaforte delle Rsf. Ed è proprio il Darfur l’altra area calda del paese.

In molte zone della capitale manca l’acqua potabile ormai da settimane e scarseggiano carburante, cibo e beni di prima necessità. «Ma il problema più grosso è la mancanza di acqua», ci racconta un abitante. Nei luoghi in cui non si combatte «si vedono file di gente e bambini con taniche in mano che cercano acqua».

«In alcune nostre zone dei negozietti ancora sono operativi – prosegue -, ma i grandi commercianti hanno svuotato i magazzini che ancora non erano stati saccheggiati. E ci sono mercatini che vendono la roba rubata a prezzi bassissimi. Ci sono anche scontri armati con i commercianti o proprietari di negozi».

L’altro grande problema sono le gang armate. «La notte la nostra zona è in mano a bande che si contendono il poco rimasto da rubare e ora la paura della gente è che assaltino le case. Qui sta diventando come la Colombia. Spessissimo durante la notte si sentono spari».

Molta gente sta lasciando le zone in cui arrivano i combattimenti verso aree più sicure. L’Unhcr fa sapere che sono già circa 200mila le persone fuggite dal paese. (MT)

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