Il Sudan potrebbe presto tornare ad avere un governo di transizione a guida civile, come quello rovesciato dai militari il 25 ottobre 2021.
Dopo mesi di negoziati, un primo accordo quadro con i vertici militari era stato siglato il 5 dicembre, sostenuto dal meccanismo trilaterale che comprende la missione Onu in Sudan (Unitams), l’Unione Africana e l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad). L’intesa stabilisce due anni di governo a guida civile prima delle elezioni.
Vi avevano aderito una cinquantina di leader di partiti politici, associazioni professionali e organizzazioni della società civile, molti riuniti nel cartello delle Forze per la libertà e il cambiamento – Consiglio centrale (Ffc-Cc).
Un ulteriore passo è stato compiuto nei giorni scorsi con l’annuncio delle principali le tappe del passaggio. Ieri Khalid Omar Yousif, portavoce dei firmatari dell’accordo, ha indicato come data per la formazione di un nuovo governo di transizione l’11 aprile.
Le parti coinvolte firmeranno il quadro transitorio per l’accordo all’inizio del mese prossimo e una dichiarazione costituzionale il 6 aprile.
Della loro stesura si occuperà un comitato composto da 11 membri: 9 dei gruppi civili, 1 dell’esercito e 1 delle forze paramilitari di supporto rapido (Rsf), guidate dall’attuale n°2 del regime, Mohamed Hamdal Dagalo, detto Hemetti. Un compito non semplice, visto che molte delle questioni politiche più spinose, tra cui la riforma del settore della sicurezza e la giustizia di transizione, rimangono irrisolte.
Inoltre, nonostante i numerosi sforzi mediati a livello internazionale per coinvolgerli, restano contrari all’accordo i principali attori politici, dagli ex leader ribelli (uniti nelle Forze per la liberà e il cambiamento – Blocco democratico), alle reti pro-democrazia di base (comitati di resistenza).
Forse, però, anche in questo caso nei prossimi giorni si potrà registrare qualche passo avanti. Almeno stando alle recenti dichiarazioni di Hemetti, secondo cui alcuni non firmatari potrebbero presto aderire all’accordo politico.
Gli incontri dei vertici militari e del meccanismo tripartito sono proseguiti per tutta la scorsa settimana con esponenti del Blocco democratico, ovvero il Movimento per la giustizia e l’uguaglianza (Jem) dell’attuale ministro dell’economia Gibril Ibrahim, il Movimento di liberazione del Sudan del governatore del Darfur Minni Minnawi (Slm-MM), le Forze di movimento nazionale (Nmf) e il Partito unionista democratico (Udp) di Gaffar al-Mirgahni.
Sul futuro del percorso politico-istituzionale del Sudan pesano anche i contrasti tra Dagalo e il n°1 della giunta, generale Abdel fatth al-Burhan, che accusa di collusione con gli islamisti e l’ex regime di Omar El-Bashir, deposto nel 2019. D’altra parte c’è anche la riluttanza del capo delle Rsf nel fissare una scadenza chiara per integrare le sue milizie nell’esercito.