Non è solo la popolazione ad essere oggetto di violenze operate da polizia, esercito e paramilitari in Sudan. Anche i giornalisti e il personale dei media hanno continuato a essere vittime di arresti arbitrari, aggressioni e intimidazioni.
Cosa che rende per loro sempre più difficile raccontare il conflitto e documentare le tante violazioni dei diritti umani in corso.
Nel suo ultimo rapporto, che copre il periodo dal 1 al 15 giugno, il sindacato sudanese dei giornalisti (Sudanese Journalists Syndicate – SJS) riporta una lunga serie di abusi in tutto il paese e denuncia che il destino di dozzine di reporter nella regione occidentale del Darfur rimane sconosciuto a causa dell’interruzione dei servizi di telecomunicazione.
La guerra ha anche causato lo sfollamento di un gran numero di giornalisti e molti di loro, fa sapere il SJS, sono ancora bloccati alle frontiere a causa di problemi con i visti. Ѐ il caso di Shawgi Abdelazim, cui l’intelligence militare ha sequestrato il passaporto a El Gedaref, restituendolo solo dopo la scadenza del suo visto per l’Etiopia.
Un suo collega, Mawahib Ibrahim, anch’egli membro del SJS, è stato fermato all’aeroporto di Riyadh e gli è stato impedito di recarsi al Cairo.
Numerose anche le violazioni delle abitazioni da parte dei paramilitari Forze di supporto rapido (RSF) che dal 16 aprile occupano la casa della famiglia del reporter Khalid Abdelaziz nel quartiere di Khartoum 2.
Sempre nella capitale, denuncia ancora il rapporto, le RSF hanno fatto irruzione nell’ufficio del giornale El Hirak El Siyasi e un fotoreporter è stato colpito alla schiena.
Il 19 giugno Radio Dabanga ha riferito che a Khartoum due giornalisti sono stati uccisi da cecchini.
Decine di violazioni contro giornalisti e altri addetti alla stampa sono state segnalate in tutto il paese. Solo nella seconda metà di maggio sono state documentate più di 40 violazioni, comprese sparizioni forzate e irruzioni.
La maggior parte dei media, in particolare i giornali cartacei e le stazioni radio, sono stati costretti a smettere completamente di operare nella capitale in altre città, a causa dei combattimenti, delle minacce e della repressione. Sempre lo scorso maggio, Al Jazeera sosteneva di aver identificato almeno sei giornalisti minacciati di morte se avessero continuato a denunciare abusi.
Molti altri sono apparsi in vere e proprie liste di proscrizione, elenchi diffusi sui social media, dove vengono accusati di aver tradito il Sudan. Un tentativo di incitare alla violenza contro di loro.
Particolarmente critica la situazione per i giornalisti a El Geneina, capitale del Darfur occidentale. La scorsa settimana Radio Dabanga ha denunciato che “i giornalisti sono sottoposti a minacce di morte se continuano a monitorare la verità e alcuni di loro sono stati detenuti illegalmente”.