La capitale del Sudan, Khartoum è sempre più devastata dal conflitto scoppiato il 15 aprile che vede contrapposti l’esercito (SAF) e i paramilitari Forze di supporto rapido (RSF).
Dalla scorsa settimana le RSF hanno intensificato gli attacchi in diverse zone residenziali nel settore meridionale, a ovest della base delle forze corazzate dell’esercito che le milizie cercano di conquistare.
In quella zona ieri sera si sono registrati scontri molto violenti con bombardamenti, lanci di razzi e combattimenti a terra.
I paramilitari guidati da Mohamed Hamdan Dagalo, alias Hemeti, occupano da oltre tre mesi abitazioni private, vie di collegamento e sedi istituzionali in diverse zone della capitale, trasformata in un campo di battaglia in cui i residenti sono intrappolati e vittime di atrocità compiute da entrambe le parti, in particolare sulle donne.
La guerra però si combatte anche in modi meno cruenti ma non meno devastanti per la popolazione.
Tra le sedi occupate dalle RSF ci sono anche gli uffici dell’anagrafe civile e del catasto, i cui documenti sono stati dati alle fiamme.
In un video pubblicato il 30 luglio sul suo canale Youtube dal blogger e attivista Ali Al Sudani, un giovane miliziano prigioniero delle forze armate racconta di aver bruciato il registro delle proprietà terriere per non dare ai proprietari la possibilità di reclamare le loro case e proprietà al termine del conflitto.
Intanto il 27 luglio si sono interrotti nuovi colloqui segreti, iniziati una settimana fa a Jeddah. La delegazione delle RSF è rimasta nella città saudita, mentre quella dell’esercito è rientrata a Khartoum.
Sebbene entrambe abbiano raggiunto un consenso su alcuni aspetti di una bozza di testo riguardante la cessazione delle ostilità, rimangono divise su questioni fondamentali.
Tra i punti chiave di disaccordo c’è proprio l’evacuazione delle RSF da case, strutture pubbliche e strade occupate a Khartoum, come concordato nella “Dichiarazione di Jeddah per la protezione dei civili”, firmata l’11 maggio ma mai ottemperata. Così come le successivi intese di cessate il fuoco.
Un ritorno ai negoziati, fa sapere l’esercito, dipende dalla capacità dei mediatori di convincere le RSF ad attuare gli impegni precedentemente concordati.
La risposta è contenuta in un comunicato e in un video di propaganda diffuso dalle RSF su Twitter, in cui appare per la prima volta dall’inizio del conflitto Hemeti, circondato dai suoi uomini.
Dagalo, tra le altre cose, dichiara di essere disposto ad accettare un accordo di pace entro 72 ore se dovesse cambiare la leadership dell’esercito.
Un’ipotesi, quella delle dimissioni del generale Abdel Fattah al-Burhan, peraltro alquanto improbabile.
من ميدان المعركة متوسطاً جنوده .. قائد قوات الدعم السريع الفريق أول محمد حمدان دقلو يخاطب جماهير الشعب السوداني العظيم#معركة_الديمقراطية #حراس_الثورة_المجيدة pic.twitter.com/N1XHPnRPyd
— Rapid Support Forces – قوات الدعم السريع (@RSFSudan) July 28, 2023