Mentre la ministra degli esteri sudanese, Mariam al-Sadeq al-Mahdi, deposta dal putsch del 25 ottobre scorso, ha chiesto che i golpisti siano processati dalla Corte penale internazionale (Cpi), i militari al potere consumano tra loro una battaglia silenziosa e silenziata.
Tra le storie poco raccontate di questa fase politica del Sudan, infatti, c’è lo scontro tra i vertici militari del paese. In particolare tra le Forze armate sudanesi (Saf) – rappresentate dall’ex presidente del Consiglio sovrano del Sudan, il generale Abdel Fattah al-Burhan – e le Forze di supporto rapido (Rsf), guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, conosciuto con il soprannome di Hemetti.
Uno scontro che ha ragioni economiche e politiche.
Le prime sono banali: il controllo delle oltre 250 aziende sudanesi di proprietà dei militari. Una larga fetta di queste imprese è controllata da Hemetti. Una figura decisiva per capire ciò che sta accadendo a Khartoum e che al momento ha assunto una posizione defilata. Attendista. Se il colpo di mano di al-Burhan dovesse fallire guadagnerebbe in consensi. Altrimenti la faida interna potrebbe riaccendersi. E sul suo capo pesa sempre la possibilità di una denuncia al Tribunale internazionale dell’Aia per le atrocità commesse dalle sue Rsf in Darfur.
Una faida che ha ragioni anche politiche. O meglio geopolitiche. I due, infatti, hanno sponsor esterni differenti. Il generale golpista è sostenuto dall’Egitto di al-Sisi che ha puntato su al-Burhan per avere un alleato solido nel conflitto aperto con l’Etiopia per la Grande diga della rinascita. Al-Sisi, invece, diffida di Dagalo: lo considera inaffidabile perché troppo vicino al passato regime di El-Bashir. Hemeti è sponsorizzato da Abu Dhabi. E la presenza, sempre più invadente di Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita nei paesi del Corno sta infastidendo Il Cairo.
Ma da monitorare sono soprattutto le mosse di Dagalo. Per capire l’indirizzo che potrebbe assumere la stagione politica del Sudan è necessario puntare i fari su questo generale dalle mille sfaccettature.
Per questo abbiamo chiesto a una nostra fonte privilegiata di Khartoum di tracciarne un profilo adeguato.
Fonte a cui garantiamo, per la sua sicurezza, l’anonimato. (Giba)