«Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia» (Sal 126,5).
Alla fine del giugno scorso, a El Obeid eravamo tutti immersi in attività pastorali. Avevamo già programmato anche le prime comunioni e le cresime in due cappelle, che sarebbero state amministrate dal vescovo, mons. Yunan Tombe Trille Kuku Andali: a Yayba, il 7 luglio; nella chiesa di San Daniele Comboni, nel quartiere di Hai Salaam, il 14 luglio. Nel frattempo, la comunità comboniana di El Obeid era impegnata nelle lezioni di catechismo a Tayba e ad aiutare i sacerdoti diocesani nel ministero nella parrocchia della Cattedrale.
La situazione in El Obeid non era cambiata rispetto ai mesi precedenti: l’elettricità continuava a non esserci; mancava l’acqua; i prezzi al mercato locale non accennavano a diminuire ma continuavano la loro salita alle stelle; e la gente faticava a sopravvivere.
Le cose, però, erano cambiate altrove. Le Forze di supporto rapido (Rapid Support Forces – RSF) avevano intensificato loro operazioni militari presso la città di El Fasher (600 km a ovest di El Obeid) e occupato la città di El Fula (300 km a sud-ovest), giungendo così a controllare tutte le vie di comunicazione non solo verso Monti Nuba, ma anche verso Kosti, Kadugli ed El Nahud, tre località già sotto il loro controllo.
Dopo aver occupato Wad Medani (620 km a est di El Obeid e 200 km a sud di Khartoum), le RSF cercavano di controllare anche le vie di comunicazione con il Sud Sudan. Negli ultimi giorni si sono spinte fino a Sennar (100 km a sud di Wad Medani) e Sinja (66 km ancora più a sud).
La domanda sorgeva spontanea: quanto avrebbero impiegato le RSF ad attaccare e prendere El Obeid?
Il superiore provinciale, padre Diego Dalle Carbonare, che teneva sotto visione la situazione grazie a continui contatti con noi, visto il processo di degenerazione della situazione, ha cominciato a prendere in considerazione la nostra eventuale partenza da El Obeid.
Partendo dal presupposto che le RSF stavamo progressivamente chiudendo ogni possibile via di comunicazione e preoccupato della nostra sicurezza, dopo aver consultato il Consiglio provinciale e la Direzione generale, il 30 giugno ci ha dato l’ordine di trasferirci da El Obeid a Kosti il prima possibile. Anche le responsabili delle Suore del Sacro Cuore e delle Missionarie della Carità hanno deciso di fare altrettanto.
Il 1° luglio ci siamo incontrati con il vescovo e gli altri sacerdoti e religiosi presenti a El Obeid, per pianificare il passaggio di consegne della Parrocchia e per studiare insieme come completare alcuni importanti eventi pastorali precedentemente pianificati.
Abbiamo deciso che la partenza sarebbe avvenuta il 18 luglio. Poi, però, a causa delle piogge, siamo stati costretti ad attendere fino a sabato 20 luglio. Alla 7 del mattino ci siamo incontrati tutti nella piazza antistante la Cattedrale, per dire un “arrivederci a presto” al vescovo Yunan e agli altri sacerdoti.
Per evitare i controlli delle RSF, abbiamo scelto di prendere la strada del deserto, da El Obeid a Doem (Ed Dueim), cittadina a 120 km a nord di Kosti. Il viaggio è stato buono fino a pochi chilometri da Doem, quando, già prossimi al Nilo, abbiamo incontrato una interminabile serie di acquitrini che hanno messo a dura prova il motore della macchina. Impossibile continuare la viaggio. Siamo stati costretti ad attendere fino alla tarda mattinata di lunedì 22 luglio, finché il meccanico è riuscito a rabberciare alla bell’e meglio il motore.
Non abbiamo incontrato problemi nel raggiungere Kosti. Siamo stati fermati più volte a posti di blocco, ma ci è sempre stato consentito di procedere con il viaggio. Le autorità locali continuano a controllare a loro modo il territorio, ma è chiaro che la nazione è senza vera e propria autorità. Gli stessi comandanti militari non si fidano delle informazioni che ricevono dai loro colleghi.
Lunedì pomeriggio abbiamo raggiunto Kosti e, dopo esserci sobbarcati a una onerosa serie di formalità amministrative, con ripetuti controlli dei documenti, abbiamo potuto abbracciare i nostri confratelli della locale comunità comboniana.
Abbiamo lasciato El Obeid con la decisione di ritornarci appena la situazione ce lo permetterà. A El Obeid è rimasto soltanto il clero locale: il vescovo Yunnan, il vicario generale, abuna Abd Allah Husein, abuna Charles Anikia, e il diacono Karlo Luka. Siamo fiduciosi che la difficile e dolorosa decisione presa aiuterà la Chiesa di El Obeid a crescere e a impostare un nuovo modo di annunciare il Vangelo.
Nel Vangelo di Marco, Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare la Buona Novella portando con sé soltanto un bastone, una tunica e un paio di sandali ai piedi (cfr. Mc 6,8-9). Ovvio il messaggio dietro questo ordine: la vera forza del Vangelo è la Croce del Signore Risorto.
Noi crediamo che la missione appartenga a Dio e che lui – e lui solo – porterà a termine il suo piano di salvezza. Noi siamo solamente umili servitori del Regno di Dio. La nostra gioia viene dal sapere che stiamo collaborando a far fruttificare il seme della Parola.
Kosti, 25 luglio 2024 (lettera pubblicata dal sito comboniani.org)