Sudan: 1.300 comunità rinunciano alle Mutilazioni genitali femminili
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Segnali incoraggianti nella lotta alle Mgf nella relazione annuale dell’Unicef
Sudan: oltre 1.300 comunità abbandonano le Mutilazioni genitali femminili
14 Aprile 2023
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 3 minuti
Strumenti usati per praticare le Mutilazioni genitali femminili

Da almeno quattro anni il Sudan è preda di instabilità politica, sociale ed economica, aumentate dopo il golpe militare del 25 ottobre 2020. Ciò nonostante l’Unicef registra alcuni incoraggianti passi avanti nella lotta alle Mutilazioni genitali femminili (Mgf), con oltre 1.300 comunità in tutto il paese che hanno dichiarato pubblicamente l’abbandono della pratica.

Nella relazione annuale 2022, il Fondo Onu per l’infanzia attribuisce il relativo successo alla sua campagna di sostegno al dialogo comunitario e ai servizi di mobilitazione sociale, in particolare quelli guidati dalle donne, che hanno portato altre 200 comunità in 20 località ad impegnarsi ad abbandonare le Mgf. Creando i presupposti per lo sviluppo di generazioni future più responsabilizzate.

Un impulso significativo a livello istituzionale è arrivato anche dall’approvazione di un emendamento all’articolo 141 del diritto penale, introdotto nel luglio 2020, che riconosce la pratica come un crimine. E dal piano d’azione contro le Mgf e il matrimonio precoce, e la relativa strategia di comunicazione, introdotte dal governo.

Nel 2022, afferma l’Unicef nel rapporto, “la crisi politica in Sudan ha portato a ritardi nel lavoro legislativo e politico più a monte, tra cui l’approvazione del Child Act 2021 (una revisione dell’attuale Legge sui bambini del 2010, ndr) e il divieto di matrimonio prima dei 18 anni”. Cosa che avviene per il 38% delle ragazze di età compresa tra 15 e 18 anni.

Nonostante le normative e gli sforzi internazionali per la tutela dei loro diritti, però, ancora troppo bambini e bambine restano esposti a violenze, abusi e sfruttamento. In un paese in cui circa la metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà, con l’8% in condizioni di povertà estrema.

Nel Paese quasi 9 donne su 10 sarebbero state sottoposte a mutilazioni genitali, una pratica applicata a un terzo delle ragazze di età compresa tra 0 e 14 anni.

Secondo gli ultimi dati disponibili del progetto Simple Spatial Survey Method Report (S3M), nel 2018 la prevalenza delle Mgf era dell’83,9%, in leggera diminuzione rispetto all’89% registrato nel 2010. Numeri ancora troppo alti.

La pratica – che comporta la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali – è diffusa principalmente in circa 30 paesi dell’Africa e del Medio Oriente, ma anche in alcuni paesi dell’Asia e dell’America Latina e tra comunità provenienti da queste regioni.
L’80% dei casi segnalati riguardano però l’Africa.

L’Organizzazione mondiale della sanità stima che siano più di 200 milioni le donne che hanno subito mutilazioni genitali e che sono a rischio di mutilazione circa 3 milioni di ragazze ogni anno, la maggior parte delle quali prima dei 15 anni.

Ancora lunga sembra essere dunque la strada da percorrere per abolire questa orrenda mutilazione che causa gravi emorragie, problemi di minzione, cisti, infezioni, complicazioni durante il parto e l’aumento del rischio di morte dei neonati e delle donne stesse.

 

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