Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso ieri di estendere per un altro anno l’embargo sulla vendita di armi e altre sanzioni al governo di Khartoum per le violenze poste in atto nella regione occidentale del Darfur a partire dal 2003.
Tredici dei quindici membri del Consiglio hanno votato a favore della risoluzione, mentre Russia e Cina si sono astenute, sostenendo che il conflitto in Darfur appare largamente risolto.
È stato inoltre esteso fino a marzo 2024 il mandato del gruppo di esperti dell’Onu incaricati di monitorare l’embargo e il blocco dei beni di alcuni individui, cui è stato imposto anche il divieto di viaggiare.
In febbraio l’ambasciatore sudanese presso le Nazioni Unite, al-Harith Idriss Mohamed, era tornato a chiedere con forza al Consiglio la rimozione dell’embargo, affermando “il Darfur, in gran parte, ha superato la situazione di conflitto, come pure i problemi politici e di sicurezza”.
Alla dura lettera dell’ambasciatore, il Consiglio ha replicato che valuterà la situazione nel febbraio precedente alla prossima scadenza dell’embargo, peraltro ampiamente violato.
Questo nell’eventualità di una graduale rimozione del divieto in caso si manifestassero evidenti progressi su due aspetti cruciali, sottolineati dal Segretario generale Antonio Gutierres a fine luglio 2021. Cioè “un reale progresso nella transizione a condizioni di maggiore sicurezza e l’elaborazione di un piano nazionale per la protezione dei civili”.
Il conflitto in Darfur scoppiò nel 2003, allorché vi fu una sollevazione contro il governo di Khartoum, guidato allora da Omar El-Bashir, accusato di discriminazione e noncuranza nei confronti delle popolazioni locali.
La risposta del governo furono attacchi aerei e feroci offensive a terra contro i ribelli e le comunità autoctone ad opera della famigerata milizia araba conosciuta come janjaweed, accusata di massacri, rapimenti, stupri e torture. Il conflitto fece 300mila vittime e costrinse alla fuga 2.7 milioni di persone.
Nonostante le rassicurazioni del governo, però, il Darfur oggi non è ancora per nulla pacificato e le popolazioni locali continuano ad essere sotto attacco.