L’idea di una base navale russa in Sudan, progetto sul quale Mosca sta spingendo da anni, si sta concretizzando. In cambio il Cremlino fornirà all’esercito armi e munizioni, indispensabili per portare avanti la guerra in corso da oltre un anno contro i paramilitari Forze di supporto rapido (RSF).
La proposta di uno scambio base navale-armamenti è stata avanzata da Mosca durante una recente visita dell’inviato presidenziale Mikhail Bogdanov a Port Sudan, dove l’esercito ha trasferito il governo provvisorio.
Ad annunciare il via libera del regime alla firma di una serie di accordi militari ed economici, tra cui, appunto, la creazione di un centro logistico navale russo sul Mar Rosso, è stato il tenente generale Yasir al-Atta, vicecomandante delle forze armate sudanesi e membro del Consiglio sovrano.
Il 25 maggio scorso, in un’intervista con Alhadath TV, al-Atta ha confermato, precisando che: “La Russia ha proposto una cooperazione militare attraverso un centro di supporto logistico, non una base militare completa, in cambio di forniture urgenti di armi e munizioni”.
La giunta militare avrebbe accolto la proposta e rilanciato, proponendo accordi di cooperazione anche in altri settori. “Abbiamo accettato – ha confermato al-Atta – ma abbiamo suggerito di espandere la cooperazione per includere aspetti economici come iniziative agricole, partenariati minerari e sviluppo portuale. La Russia ha accettato questo ambito più ampio”.
“Non c’è assolutamente niente di sbagliato in questo”, ha puntualizzato poi.
Per finalizzare i dettagli dell’intesa e mettere a punto un accordo globale, a breve si recheranno quindi a Mosca una delegazione militare e una ministeriale, guidata dal vicepresidente del Consiglio sovrano, Malik Agar.
La creazione di un hub militare russo sulla costa sudanese è da tempo osteggiata da Stati Uniti, Unione Europea e Arabia Saudita, che vedono la presenza di Mosca nelle strategiche acque del Mar Rosso come una minaccia.
Khartoum e Mosca erano già arrivate a un passo dalla conclusione di un accordo simile sotto il regime islamista di Omar El-Bashir, deposto dagli stessi militari con il sostegno delle RSF nell’aprile 2019. Ma il progetto era poi stato congelato, anche grazie alle pressioni di Washington e Riyadh.
Il Cremlino era poi tornato a fare pressioni nel 2022, sfruttando l’alleanza tra il gruppo Wagner e le RSF che nel all’epoca condividevano il potere con l’esercito.
C’è da scommettere che la notizia avrà un’eco anche ad Addis Abeba dove in questi giorni è in corso una conferenza internazionale che riunisce le forze progressiste e pro-democrazia sudanesi, riunite sotto l’ombrello del movimento Tagadum, guidato dall’ex primo ministro Abdalla Hamdok.