Summit Russia-Africa: Putin incassa un flop - Nigrizia
Politica e Società Russia
A San Pietroburgo solo 17 dei 54 capi di Stato
Summit Russia-Africa: Putin incassa un flop
Il secondo vertice del Cremlino con il continente ha evidenziato una crescente diffidenza per le politiche del presidente russo. La maggioranza dei paesi africani ha fatto capire di non essere interessata a passare dalla “tutela” occidentale a quella di Mosca
31 Luglio 2023
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 6 minuti

Putin-Africa ties: Who’s fooling whom? (Legami Putin-Africa: Chi inganna chi?) titola in prima pagina il servizio sul secondo summit Russia-Africa del settimanale The East African nel numero del 29 luglio, riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietroburgo nei due giorni precedenti.

Il titolo sottolinea in modo esplicito che, secondo la redazione, le aspettative sui risultati dell’incontro non convergevano. E il parere concorda con quello di molti altri osservatori.

«Putin ha fatto un errore di valutazione sull’umore in questo continente» ha detto alla CBS il sudafricano William Gumede, professore alla scuola di governance dell’Università di Wits.

Il segnale arriva innanzitutto dai numeri. Al primo summit Russia-Africa, tenutosi a Sochi, sul Mar Nero, nell’ottobre del 2019 erano presenti 43 capi di Stato.

Nei giorni scorsi solo 17, su 49 delegazioni. Un numero molto minore anche rispetto ad altri incontri del genere tenutisi nei mesi scorsi.

In dicembre, ad esempio, al summit convocato da Biden erano 44 su 49 delegazioni.

Presenti a San Pietroburgo, tra gli altri, leader di peso quali il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, il sudafricano Cyril Ramaphosa, l’ugandese Yoweri Museweni, il senegalese Macky Sall, e autocrati conclamati come il presidente eritreo Isaias Afworki.

Ma altrettanto di peso gli assenti, come il presidente kenyano William Ruto, quello nigeriano Bola Ahmed Tinubu, l’algerino Abdelmadjid Tebboune e il congolese Felix Tshisekedi, per citarne solo alcuni.

Putin puntava a mostrare i rapporti con i paesi del continente costruiti nel corso dell’ultimo decennio.

Legami che erano diventati sempre più stretti e che avevano portato al successo del summit di Sochi.

L’obiettivo ultimo era rendere evidente che l’isolamento internazionale voluto dai paesi occidentali a causa dell’aggressione all’Ucraìna non aveva inciso sull’amicizia con i paesi africani.

E sul termine “amicizia” il presidente russo ha molto insistito nei suoi discorsi, attribuendo le assenze alle pressioni occidentali, come già aveva fatto, a partire da aprile, il suo ministro degli esteri Lavrov.

«Ѐ assolutamente lampante (…) il loro tentativo di esercitare pressione sulla leadership di questi paesi allo scopo di prevenire la loro attiva partecipazione al forum».

Ma il livello delle delegazioni inviate all’incontro e le numerose note critiche espresse da molti dei leader africani presenti, indica piuttosto che il continente, pur interessato a differenziare le proprie alleanze per uscire dalla “tutela” occidentale, percepita ancora come troppo ingombrante, non è affatto unanimemente e pedissequamente schierato a favore di Mosca.

Il summit di San Pietroburgo ha evidenziato, invece, una crescente diffidenza per le politiche attuali del presidente russo, considerate pericolose per la stabilità globale che finisce per incidere pesantemente su quella del continente e, in definitiva, sui governi dei loro paesi, mettendo a rischio il loro stesso potere personale.

La crisi alimentare e la guerra russa in Ucraìna sono stati al centro del dibattito.

Ma anche l’ingombrante presenza del gruppo Wagner ha aleggiato sull’assemblea.

Non è certamente passato inosservato il colpo di Stato in Niger, annunciato il giorno prima dell’apertura del summit.

Alla giunta militare che ha preso il potere, il leader di Wagner Yevgeny Prigozhin, a quanto sembra presente a San Pietroburgo, ha offerto i suoi servizi.

Parecchi dei presenti devono aver pensato che un giorno potrebbe essere il loro turno di dover cedere il potere a causa del suo supporto.

La sua probabile presenza in città durante il summit ha posto interrogativi importanti sul ruolo che i suoi miliziani potranno ancora giocare in Africa, e per conto di chi.

Più attrattiva, in particolare per le giunte militari golpiste, l’esposizione di armamenti che le delegazioni hanno potuto visitare a margine degli incontri.

Il ricatto dei cereali

Putin ha cercato di acquisire consenso promettendo l’invio gratuito di cereali a sei paesi particolarmente bisognosi, la maggior parte dei quali suoi fedeli alleati: Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Repubblica Centrafricana ed Eritrea.

Dalle 25 alle 50mila tonnellate ciascuno.

Ma i leader africani presenti hanno chiesto il ripristino dell’accordo per il passaggio del grano attraverso il Mar Nero, permettendo di fatto la commercializzazione di quello ucraìno da cui l’Africa dipende in modo particolare.

All’annuncio del ritiro della Russia dall’intesa, lo scorso 17 luglio, il presidente kenyano Ruto aveva commentato con un lapidario: «Una pugnalata alle spalle».

Molto precisa anche la posizione sulla guerra in Ucraìna. Con un precedente.

Il presidente sudafricano Ramaphosa nelle scorse settimane aveva guidato una delegazione dei paesi africani a Mosca e a Kiev per sollecitare l’apertura di trattative di pace.

L’iniziativa era stata sostanzialmente snobbata, tanto che Kiev era stata bombardata proprio durante l’incontro della delegazione con Zelensky.

Nel suo discorso a San Pietroburgo Ramaphosa ha ripreso più volte l’importanza di soluzioni negoziali nel quadro di riferimento delle convenzioni internazionali vigenti.

«Come Sudafrica, siamo fermi nella nostra posizione che negoziato, dialogo e fedeltà ai principi della carta delle Nazioni Unite sono necessari per una risoluzione del conflitto pacifica e giusta».

E ancora: «Ѐ nostra speranza che un impegno costruttivo e negoziati possano portare alla fine del conflitto in corso tra la Federazione russa e l’Ucraìna».

Ѐ da notare che il Sudafrica è uno dei maggiori partner economici e alleati di Mosca nel continente e unico membro africano del blocco BRICS (con Brasile, Russia, India e Cina).

Concetti simili sono stati espressi da altri leader presenti, come l’ugandese Museveni, per citarne solo uno.

La partecipazione al summit dei leader africani, osserva qualche analista, potrebbe essere stata frenata anche dal mancato rispetto russo degli impegni presi in campo economico al summit di Sochi.  

Allora era stato promesso di raddoppiare il traffico commerciale fino a raggiungere i 40 miliardi di dollari.

Ma finora sono stati raggiunti 18 miliardi, meno della metà, e a beneficio quasi esclusivo di quattro paesi: Algeria, Egitto, Marocco e Sudafrica.

In generale, la Russia è stata un partner economico quasi irrilevante per il continente, ed è destinata a rimanere a lungo tale a causa della crisi economica e delle sanzioni per l’aggressione all’Ucraìna.

Complessivamente, dunque, il summit di San Pietroburgo non ha raggiunto gli obiettivi che Putin si era posto mentre la maggioranza dei paesi africani ha fatto capire di non essere interessata ad una “tutela” di Mosca che, per di più, porterebbe anche meno vantaggi di quella occidentale di cui si stanno faticosamente liberando.

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