Fa discutere in Tanzania la firma, il 22 ottobre, di un contratto che concede al colosso della logistica marittima degli Emirati Arabi Uniti DP World la gestione di una parte del porto commerciale di Dar es Salaam per un periodo di 30 anni.
L’intesa era stata contestata dalle opposizioni fin dalla sua approvazione in parlamento, il 10 giugno, sostenendo che “violasse la costituzione e mettesse in pericolo la sovranità nazionale”.
Oltre alle proteste di piazza, sedate con decine di arresti, per fermare l’accordo gli oppositori avevano presentato una petizione all’Alta Corte della città di Mbeya, nel sud-ovest del paese.
Il tribunale ha però respinto la richiesta, aprendo la strada alla firma dell’intesa, da 250 milioni di dollari, con la DP World.
Anche dopo la firma, gli oppositori continuano a denunciare mancanza di consultazioni preventive e di trasparenza in merito ai contenuti del contratto, che le autorità rifiutano di rendere pubblici.
Rispondendo alle critiche, il direttore generale dell’autorità portuale della Tanzania, Plasduce Mbossa, ha precisato che il gigante emiratino gestirà solo quattro dei dodici ormeggi del porto di Dar es Salaam, uno dei più importanti del continente.
E il ministro dei trasporti Makame Mbarawa ha dichiarato alla BBC che non ci saranno tagli di posti di lavoro e che la Tanzania manterrà il 60% dei guadagni. Entrate che il governo si propone di triplicare nei prossimi 10 anni, arrivando a 10 miliardi di dollari, contro i 3 attuali.
Grazie a questa concessione – che, fa sapere ancora il governo, prevede revisioni quinquennali – il governo spera di incrementare gli scambi con i paesi vicini senza sbocco al mare e di ridurre i tempi di sdoganamento e scarico delle merci dalla media attuale di 12 ore a soli 60 minuti.
Ma sulla decisione pesa anche la sempre più forte concorrenza con il vicino porto commerciale kenyano di Mombasa.
Espansione in Africa
Per Dubai e per DP World l’accordo segna invece un ulteriore rafforzamento del dominio nel settore del trasporto merci in Africa, in particolare sulla costa dell’Oceano Indiano, dove ha aumentato le sue operazioni in Somalia (Puntland e Somaliland) e Mozambico (oltreché in Angola, Senegal, Egitto e Marocco).
Gli Emirati Arabi Uniti sono il quarto maggiore investitore in Africa, dopo Cina, Europa e Stati Uniti, con investimenti di quasi 60 miliardi di dollari nell’ultimo decennio nei settori delle infrastrutture e dell’energia.
Investimenti che hanno talvolta innescato tensioni, messo alla prova relazioni geopolitiche – come nel caso di Gibuti – e intensificato la concorrenza per lo sviluppo infrastrutturale in Africa, in particolare con la Cina.
Proprio con Pechino potrebbero crearsi nuove tensioni, visto che il governo di Xi Jinping considera il porto di Dar es Salaam strategico nel progetto della sua ‘Nuova via della seta’.