È deceduto il 29 febbraio, a solo tre mesi dal compimento dei suoi 99 anni, il secondo presidente della Tanzania, Ali Hassan Mwinyi. La notizia è stata data da Samia Suluhu Hassan, l’attuale presidente, che ha proclamato sette giorni di lutto nazionale.
Presentando nel 1921 il suo libro di memorie Mzee Rukhsa – Il viaggio della mia vita, Samia lo aveva descritto come un leader riformista e un modello da seguire.
Era stato lo stesso Julius Nyerere, primo presidente della Tanzania, prefigurandolo come suo successore, a presentarlo come «un uomo giusto, imparziale e rispettoso, [che] non ha mai cercato la fama né usato la sua posizione per promuovere la propria ambizione».
Joseph Warioba, primo ministro durante la presidenza di Mwinyi, ha testimoniato come la sua leadership coraggiosa avesse contribuito a risolvere la grave crisi economica in cui versava il paese quando andò al potere.
Mwinyi, soprannominato in kiswahili Mzee Rukhsa, cioè “l’anziano che permette”, aveva acquistato in occidente un’ottima reputazione per aver posto in atto numerose riforme mai introdotte da Nyerere: democrazia multipartitica, media indipendenti, libero scambio ed economia di mercato.
Il merito maggiore del carismatico Nyerere, padre fondatore della Tanzania, era stato di unificare il paese e consolidare l’idea di nazione, benché fosse abitata da oltre 120 gruppi etnici.
Nyerere governò per oltre due decenni ispirandosi ad una forma di socialismo di stile africano da lui elaborato, chiamato Ujamaa (lit. famiglia o comunità).
Un sistema sociale basato in sostanza sul lavoro collettivo, nel quale vigeva la proprietà comune dei terreni, mentre le persone vivevano in piccoli villaggi.
Il paese – anche per il boicottaggio subìto da parte dei governi occidentali – dopo vent’anni, si trovò però immerso in una grave carenza di beni essenziali, tra cui cibo e vestiario; la valuta estera andò scarseggiando e la Tanzania si trovò profondamente indebitata.
Il conflitto scoppiato nel 1978-1980 a Kagera con l’Uganda, che provocò la caduta del regime del dittatore Idi Amin Dada, contribuì inoltre ad aggravare la già pesante situazione.
Mwinyi, pur divenuto presidente per volere di Nyerere, invece che proseguire con la stessa politica, come menzionato sopra, introdusse il multipartitismo e smantellò gradualmente il sistema dell’Ujamaa con le molte restrizioni che comportava.
Nelle sue memorie Mwinyi scrive tra l’altro che quando divenne presidente la Tanzania aveva un debito estero superiore al 50% del Prodotto interno lordo. Decise pertanto di abbandonare gradualmente l’ideologia socialista della Ujamaa allo scopo di risanare e far ripartire l’economia del paese.
E concretizzò queste scelte abolendo la Dichiarazione di Arusha su socialismo e autosufficienza economica e permettendo, con la Dichiarazione di Zanzibar, ai membri del partito di partecipare a imprese e aziende private.
“Poco dopo la mia elezione – ha scritto Mwinyi – intraprendemmo i negoziati con le istituzioni finanziarie internazionali e avviammo il programma di riforma economica”.
Ottenne in tal modo dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca Mondiale il sostegno finanziario fino ad allora rifiutato da Nyerere, evitando così il totale tracollo economico del paese, pur se a prezzo di aggiustamenti strutturali che implicarono inizialmente un taglio dei servizi sociali ancor più grave di quello cui era stato costretto il suo predecessore.
Come sempre succede, tuttavia, anche la leadership politica di Mwinyi non è stata esente da critiche: alcune delle sue decisioni, tra cui appunto quella di consentire ai leader politici di gestire imprese private, furono molto criticate per aver aperto la strada ad alti livelli di corruzione durante la sua presidenza.
Mwinyi era inoltre stato accusato da più parti di aver favorito i musulmani in vari incarichi governativi. Accusa questa che gli pesò molto perché, come ribadì spesso, non corrispondeva al vero.
Dopo due turni di presidenza Mwinyi si ritirò all’età di 70 anni nel 1995 e conservò un profilo alquanto riservato, limitandosi a presenziare occasionalmente a qualche evento significativo e a intervenire parlando in pubblico su invito dei suoi successori.