Preoccupa l’escalation di repressione e violenza nei confronti dei membri del principale partito di opposizione in Tanzania, in vista delle elezioni locali di dicembre e di quelle generali del novembre 2025.
L’ultima vittima è Mohamed Ali Kibao, 69enne membro del segretariato del Chadema, il cui corpo è stato rinvenuto la mattina del 7 settembre alla periferia di Dar es Salaam con evidenti segni di tortura.
Il giorno prima Kibao era stato sequestrato da un gruppo di uomini armati – presunti agenti di sicurezza – che avevano fermato con la forza l’autobus su cui viaggiava, partito dalla capitale commerciale e diretto a Tanga, sua città natale, costringendolo a salire su una delle loro due auto.
L’autopsia preliminare effettuata sul corpo ha rivelato che Kibao era stato “gravemente picchiato e gli era stato versato dell’acido sul viso”, ha detto all’agenzia di stampa AFP il presidente del partito, Freeman Mbowe.
Come detto, Mohamed Ali Kibao non è che l’ultima vittima di una sconcertante serie di sequestri e sparizioni che rievocano gli anni bui della presidenza di John Magufuli.
Una feroce repressione del dissenso che sembrava quantomeno attenuata con il governo della sua erede, Samia Suluhu Hassan, succeduta a Magufuli anche alla guida del Chama Cha Mapinduzi (CCM) – partito al potere fin dall’indipendenza in Tanzania – dopo la sua morte nel marzo 2021.
Una presidenza la sua, caratterizzata dall’implementazione di alcune riforme democratiche e dall’apertura degli spazi politici e del confronto con l’opposizione.
Proprio la presidente è intervenuta sull’assassinio di Kibao nei giorni scorsi con un post su X nel quale annunciava l’avvio immediato di un’inchiesta, sostenendo che “il nostro paese è democratico e ogni cittadino ha il diritto di vivere” e che “il governo che guido non tollera tali atti brutali”.
Centinaia di sparizioni forzate
Certo è che l’assassinio di Kibao non può rientrare, come dichiarato dalla polizia, nell’ambito di un “tragico incidente”.
Anche perché, come dicevamo, si tratta solo dell’ultimo di una serie impressionante di sequestri e sparizioni forzate.
Il 26 luglio è scomparso il dirigente di Chadema Dioniz Kipanya. Un mese dopo, il 18 agosto, altri due giovani leader del partito e il loro accompagnatore – Temeke Deusdedith Soka, Jacob Godwin Mlay e Frank Mbise – sono stati catturati da uomini armati e di loro non si hanno più notizie.
In uno degli ultimi messaggi sul suo account X, il 13 agosto, Soka affermava che la sua vita era in pericolo.
Il giorno prima l’uomo era stato arrestato (e in seguito rilasciato) insieme a centinaia di membri di Chadema – tra cui cinque leader di spicco – che stavano dirigendosi a Mbeya per un raduno in occasione della giornata della gioventù del partito. Evento vietato per “motivi di sicurezza”.
Secondo l’associazione nazionale degli avvocati tanzaniani (Tanganyika Law Society) questa ondata di repressione – che Chadema attribuisce alle forze di polizia – avrebbe provocato la scomparsa di 83 attivisti in sette mesi.
Freeman Mbowe denuncia la sparizione forzata di oltre 200 persone in tutto il paese negli ultimi due anni.