«I CPR vanno chiusi». A dire cosa si debba fare degli otto Centri per il rimpatrio (Bari, Gradisca d’Isonzo, Macomer, Milano, Palazzo San Gervasio, Pian del Lago, Restinco e Roma), senza alcun giro di parole e a partire dallo stesso titolo del rapporto che presentano, sono le oltre 40 organizzazioni della società civile che compongono il Tavolo nazionale asilo e immigrazione (TAI).
In CPR d’Italia: porre fine all’aberrazione si fa il punto delle visite che sono state fatte agli otto Centri italiani il 15 aprile scorso da parte di alcune realtà che fanno parte del TAI e personaggi politici.
Visite da cui emergono una serie di motivi per cui il sistema di reclusione e rimpatrio non funziona. Se non bastassero i motivi che hanno a che fare con la dignità umana e i diritti. Visto che questo report è stato presentato in occasione della Giornata mondiale per i diritti umani.
Gli otto CPR con la loro capacità di 2.938 posti sono luoghi sovraffollati, in cui il mangiare non solo è scadente, ma spesso dannoso; le condizioni igienico-sanitarie pessime; il personale specializzato, sia esso mediatore culturale, psicologo o sanitario, praticamente inesistente, visto quanto è sottodimensionato; in cui si viene sedati, imbottiti di psicofarmaci; dove gli episodi di autolesionismo, tentativi di suicidio, spesso riusciti, si susseguono.
Tanto da far scrivere nel report che questi sono «luoghi di orrore e privazione dei diritti».
Ma se tutto questo non bastasse per giustificarne la chiusura, basterebbe focalizzare l’attenzione sulla R dell’acronimo CPR, quella che sta per rimpatri, cioè la finalità per cui questi Centri sono aperti.
Nonostante i soldi investiti, la loro efficacia è quasi pari a zero. Meno dello 0,1% delle persone cosiddette irregolari che vengono detenute in questi luoghi viene davvero rimpatriata.
Oltre che sui centri in Albania, forse la Corte dei conti dovrebbe indagare su quale «ingiustificato dispendio di risorse pubbliche» vi sia nel voler alimentare questa politica che non funziona e che, secondo il nuovo Patto europeo dovrà essere incrementata. Perché i rimpatri sono la soluzione a incentivare il movimento migratorio.
Entro il 2026 l’Italia dovrebbe avere 32mila posti nei CPR, un numero che si discosta non poco dai neanche 3mila attuali, visto che la cifra si decuplica. Obiettivo per cui il nostro paese dovrà investire altri milioni di euro, si stima sui 282 milioni.
Come se non bastassero quelli che vanno a finanziare i CPR canili in Albania. Di fatto, negli ultimi sei anni, racconta il report, il sistema CPR è costato alle casse statali oltre 92milioni di euro. Cifre che vengono esposte in dettaglio dalla piattaforma online di ActionAid dedicata ai CPR, Trattenuti.