Tensione crescente tra Kenya e Repubblica democratica del Congo, paese che andrà al voto il 20 dicembre in un contesto di grandi difficoltà, in particolare nelle province orientali devastate da decenni di attività di varie milizie.
Il nodo della discordia tra i due paesi ha a che fare proprio con queste ultime. Il 15 dicembre infatti, in un hotel di Nairobi si è svolta una conferenza stampa per annunciare il lancio di una nuova coalizione politico-militare congolese, denominata Alliance Fleuve Congo (Alleanza del Fiume Congo – AFC), il cui obbiettivo dichiarato è quello di lavorare «per la ricostruzione dello Stato e la risoluzione delle cause profonde dei conflitti ricorrenti».
L’alleanza è composta da non meglio precisate organizzazioni sociali e politiche congolesi e da nove gruppi armati attivi nelle province del Kivu e dell’Ituri, tra cui l’M23, milizia sostenuta dal Rwanda, il cui leader politico Bertrand Bisimwa era presente all’incontro con la stampa.
Uno dei principali sponsor del progetto è l’oppositore in esilio Corneille Nangaa Yobeluo, ex capo della commissione elettorale congolese (CENI), sanzionato dagli Stati Uniti per corruzione e ostacolo alle elezioni del 2018.
Il suo annuncio ha ovviamente provocato la reazione di Kinshasa che il giorno successivo ha convocato l’ambasciatore kenyano e richiamato il suo ambasciatore a Nairobi, John Nyakeru, per consultazioni. Un richiamo che ha riguardato anche Jean Pierre Masala, il suo omologo in Tanzania, paese in cui ha sede la Comunità dell’Africa orientale (EAC), blocco regionale di cui tutti i paesi citati fanno parte.
Il governo congolese ha anche avvertito il Kenya che l’aver ospitato il consesso «avrà un impatto sulle relazioni diplomatiche», chiedendo alle autorità kenyane di arrestare Nangaa, Bisimwa e gli altri membri della coalizione. Richiesta però respinta dal presidente William Ruto, secondo cui si sarebbe trattato di un’azione «antidemocratica».
«Il Kenya è una democrazia. Non arrestiamo le persone per aver rilasciato dichiarazioni, arrestiamo i criminali», ha detto Ruto.
Sul caso è intervenuto anche il ministro degli Esteri Musalia Mudavadi, che ha cercato di stemperare le tensioni annunciando l’avvio di un’inchiesta in merito a quelle che ha definito dichiarazioni «ostili all’ordine costituzionale della Repubblica democratica del Congo» e «dissociandosi fortemente da qualsiasi dichiarazione o attività che possa ferire la pace e la sicurezza della nazione amica».
La creazione di questa nuova formazione politico-militare rischia di destabilizzare ancor più il Congo orientale, rafforzando il controllo imposto dal Rwanda sulla regione.
Cosa che ha messo in allarme anche la missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Rd Congo (MONUSCO) – in procinto di cominciare il 1° gennaio le operazioni di ritiro dal paese -, il cui capo, la guineana Bintou Keita, si è detta «estremamente preoccupata».