“Le autorità etiopiche hanno arbitrariamente detenuto, maltrattato e fatto sparire con la forza migliaia di persone di etnia tigrina recentemente deportate dall’Arabia Saudita”. La denuncia, contenuta nel rapporto pubblicato oggi da Human Rights Watch, mette nero su bianco una pratica segnalata da tempo da diverse organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani, ovvero la sistematica “persecuzione su base etnica” in corso dallo scoppio del conflitto civile nella regione del Tigray, il 4 novembre 2020.
Il rapporto si concentra sulla sorte di oltre 30mila migranti etiopici rimpatriati tra dicembre 2020 e giugno dello scorso anno, grazie a un accordo tra Addis Abeba e Riyadh, il 40% dei quali di etnia tigrina.
L’organizzazione parla di orribili abusi subiti come migranti privi di documenti in una decina di carceri e centri di detenzione sauditi e del successivo incarceramento arbitrario una volta rimpatriati con la forza in Etiopia.
«L’Arabia Saudita dovrebbe offrire protezione ai tigrini (in quanto rifugiati in fuga da un conflitto, ndr), mentre l’Etiopia dovrebbe rilasciare tutti i deportati tigrini detenuti arbitrariamente», ha affermato Nadia Hardman, ricercatrice per i diritti dei migranti e dei rifugiati presso Human Rights Watch.
HRW denuncia rastrellamenti di tigrini nei centri di accoglienza nella capitale etiopica, nei quali erano stati allocati al loro rientro dall’Arabia Saudita, alcuni detenuti illegalmente. Ma anche di arresti di deportati del Tigray ai posti di blocco sulle strade di ingresso alla regione o all’aeroporto di Semera, nella regione Afar, e del loro trasferimento in strutture di detenzione nell’Afar o nel sud dell’Etiopia.