Togo: mobilitarsi ancora contro il regime - Nigrizia
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Appello del vescovo emerito di Lomé
Togo: mobilitarsi ancora contro il regime
Il 22 febbraio è stato il primo anniversario delle contestate elezioni presidenziali. Monsignor Philippe Fanoko Kpodzro ripercorre in un videomessaggio esclusivo per Nigrizia la storia che ha portato al suo impegno politico diretto per la liberazione del suo popolo
03 Marzo 2021
Articolo di Filippo Ivardi Ganapini
Tempo di lettura 8 minuti
kpodzro
Monsignor Philippe Fanoko Kpodzro

Monsignor Philippe Fanoko Kpodzro “patriarca” novantenne dei vescovi togolesi, costretto all’esilio, in un accorato appello al paese rilancia l’invito a mobilitarsi per la libertà dopo oltre cinquant’anni di una dittatura liberticida con la famiglia Gnassingbé, al potere dal 1967.

Ripercorre alcune tappe della storia del paese dall’indipendenza ai nostri giorni, fino al suo impegno politico a fianco del candidato unico dell’opposizione Agbeyomé Kodjo, riconosciuto da varie fonti, anche internazionali, come il vero vincitore delle elezioni presidenziali dello scorso anno. “Pastore degli ultimi”, come ama definirsi Monsignor Kpodzro, mette a repentaglio la sua vita per vedere il cambiamento nel paese prima di andarsene dalla scena. Di seguito il testo integrale del suo appello al popolo togolese:

«C’era una volta un paese nell’Africa occidentale a cui era stato promesso un bell’avvenire. La lotta per l’indipendenza ha conosciuto grandi rivalità tra la potenza coloniale dell’epoca, la Francia, e i movimenti di liberazione. La prima ha fatto di tutto per mettere da parte un uomo di grande valore, Sylvanus Olympio, presidente dell’Ptu (Partito dell’unità togolese) a vantaggio di Nicolas Grunitzky, presidente del Ptp (Partito togolese del progresso).

Le manovre francesi furono messe in piedi per impedire a Olympio di prendere parte alle elezioni legislative del 1958 su supervisione dell’Onu. Ma il suo partito trionfò e divenne primo ministro fino al 1961, quando fu eletto presidente. Sviluppò una politica audace, ambiziosa e coraggiosa per far crescere il paese prefigurando l’assunzione della sovranità monetaria della giovane nazione togolese con la realizzazione di una banca centrale per l’emissione della moneta, legata al marco tedesco.

Una decisione che non piacque per niente alla Francia che vedeva in questo una minaccia capace di contaminare l’insieme dell’area francofona che aveva adottato il franco Cfa delle colonie come strumento di transizione e di scambio.

Fu assassinato da un complotto messo in piedi da mani oscure il cui braccio armato locale era costituito da reduci della guerra d’Algeria, tra cui un certo sergente Eyadema che quattro anni più tardi, nel gennaio del 1967, prese il controllo del paese fino alla sua morte, il 6 febbraio 2005.

Questo regime liberticida fondato su un partito-stato ha distrutto delle vite e ritardato lo sviluppo economico del paese, nonostante le sue ricchezze. Alla sua morte il figlio Faure prese il potere, dopo un massacro della popolazione stimato dall’Onu in 500 persone e l’esilio nei paesi vicini di oltre 100mila rifugiati.

Faure Gnassingbé ha fatto tre mandati per un totale di più di 15 anni al potere, segnato da una depredazione delle risorse del paese, da un’impunità totale che ha accentuato la miseria della popolazione e ha causato l’esilio di tanti giovani, molti dei quali si sono ritrovati sui fondali del Mar Mediterraneo.

In questo contesto, mi sono ritrovato un giorno, dopo aver finito una trasmissione alla radio in cui invitavo i giovani a manifestare e prendere il loro destino in mano, con una folla di persone che mi cercava. Gente di ogni categoria sociale, preoccupata per le condizioni socioeconomiche del paese, con migliaia di giovani senza lavoro, mi ha chiesto di fare qualcosa per salvare il Togo dal caos e dalla disintegrazione.

Sanno che sono un pastore della Chiesa che si preoccupa dei poveri e un ardente difensore della democrazia per aver assunto la direzione dei lavori della Conferenza Nazionale Sovrana che ha permesso di passare dal partito unico al multipartitismo. Si ricordano del modo determinato con cui avevo condotto i lavori del parlamento della transizione in vista della stesura della Costituzione del 1992.

Ho dunque deciso d’implicarmi nel processo elettorale del 22 febbraio 2020 con l’obbiettivo di realizzare l’alternanza attraverso la ricerca di un candidato unico del popolo dei poveri, contro la minoranza dei ricchi che tiene in scacco il paese, privando i più vulnerabili della voce e dei diritti anche attraverso metodi dittatoriali come arresti arbitrari e uccisioni, nell’impunità totale.

E’ così che ho cominciato una lunga consultazione di tutti gli attori politici dell’opposizione e della società civile, per costruire la Dynamique che porta il mio nome (Dynamique Monsignor Kpodzro, DMK) che deve servire come quadro per la scelta del candidato unico e per l’elaborazione del suo programma di società.

Dopo diversi mesi di lavoro, aiutato da un Comitato di saggi, costituito da personalità indiscutibili, abbiamo trovato il candidato unico, non senza alcuni mal di pancia tra gli altri attori politici che avevano sentito l’importanza dell’impresa a cui mi sono dedicato.

Fu un sisma per il potere e per coloro che vivono attorno alle sue stanze a ogni tornata elettorale, in una sorta di mercato del voto e di una farsa ai danni del popolo. La campagna elettorale non è stata facile ma sicuramente entusiasmante ed è stato un grande piacere per me fare il tour del Togo su strade pietrose, per incontrare le popolazioni felici di vedermi e di scoprirmi in questo cammino di liberazione dal giogo della dittatura cinquantenaria, predatrice e liberticida.

Il giorno dello scrutinio la popolazione ha votato in massa per il candidato della causa dei poveri, dei marginalizzati, dei vulnerabili. I primi risultati hanno condotto il potere a perdere il suo sangue freddo: hanno accerchiato la mia casa e quella del presidente democraticamente eletto, hanno diffuso i loro risultati provvisori, senza i riscontri dei verbali, con in testa i loro candidati, invertendo il suffragio e con la convocazione dei membri della direzione della DMK con interrogatori violenti, me compreso, e senza nessun rispetto per la mia veneranda età e il mio ruolo di prelato.

E con il tentativo di assassinio del nuovo eletto che mi ha portato a vivere accanto a lui durante 70 giorni, per proteggerlo. In questa lotta per la verità delle urne, il potere ha manipolato anche l’episcopato che mi ha recapitato un messaggio di papa Francesco nel quale mi si chiedeva di ritirarmi dalla vita politica.

I miei colleghi dell’episcopato, la cui vicinanza al regime è conosciuta, hanno lasciato la solidarietà con la mia lotta, sostenendo apertamente il regime sanguinario il cui candidato è stato chiaramente sconfitto dalle urne. Questo mi ha condotto all’esilio da circa un anno, con tutte le difficoltà per un vecchio di novant’anni come me, con minacce ricorrenti di morte anche verso il candidato presidenziale, il cui assassinio era stato programmato, come quello del mio direttore di gabinetto, ucciso nel 1994.

Ma ci sono stati parlamentari francesi, come Celestin Nadot, e personalità americane che hanno sostenuto la nostra lotta. Nadot, dopo aver parlato con me, ha interpellato pubblicamente il presidente Macron sul caso togolese, dal momento in cui i governanti illeciti attuali hanno mostrato la riconoscenza internazionale al loro regime, falsificando la firma di Macron e quella di altri capi di stato.

Con tutte le mie forze continuo la mia lotta e sono persuaso che, grazie a Dio, vedrò l’alternanza prima di essere chiamato da Lui al paradiso.

Per terminare vorrei ancora ripetere che è con la fede che mi sono impegnato in questa lotta. Il giorno della mia ordinazione sacerdotale avevo chiesto al Signore di darmi solo cinque anni di vita e invece mi ha mantenuto fino ad oggi per partecipare a questa lotta per il Togo.

Il Signore ha il suo disegno che noi dobbiamo scoprire nella nostra vita. E’ per questo che esorto il popolo togolese a mobilitarsi ancora di più per questa liberazione, in vista dell’alternanza democratica pacifica. Sono gli stranieri ora che lottano per noi e si impegnano per noi, mentre noi togolesi abbiamo ancora paura. Manifestate con coraggio la vostra determinazione a raggiungere l’alternanza per il nostro paese che è un dovere per noi tutti.

Prendo ad esempio la lettera di Pietro (1 Pt 5,1-4): “Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce”.

Ecco l’esortazione di Pietro ai pastori, preti, vescovi e a tutti coloro che hanno una responsabilità nella Chiesa del Signore, sull’esempio di Gesù che è andato fino in fondo e è stato crocifisso. Il Signore ascolta e ascolterà tutte le nostre suppliche e le realizzerà molto presto. Questa è la nostra convinzione, mobilitiamoci! Con la preghiera, con i sacrifici, con i digiuni, per ottenere questa grazia per tutto il Togo!»

 

 

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