A 93 anni, un grande oppositore del regime di Faure Essozimna Gnassingbe, presidente del Togo, se n’è andato, senza vedere prima – come insistentemente chiedeva al suo Signore – la fine di quel regime famigliare (dinastia Gnassingbe) che regge il piccolo paese dell’Africa occidentale fin dall’assassinio (il 13 gennaio 1963) del padre della patria e primo presidente, Sylvanus Olympio.
Monsignor Philippe Fanoko Kpodzro, ex arcivescovo di Lomé, è morto il 9 gennaio in Svezia dove si era esiliato, tra tanta precarietà, dopo le presidenziali del 2020 in cui aveva sostenuto, percorrendo con lui l’intero paese, sottoponendosi a un forcing che nessun altro alla sua età avrebbe potuto reggere, il candidato dell’opposizione Gabriel Agbeyome Messan Kodjo, anche lui poi costretto all’esilio.
Se n’è andato convinto più che mai (e aveva fatto appello allo stesso papa Francesco perché intervenisse) che il vero vincitore uscito dalle urne non era naturalmente il rieletto presidente Faure, al suo terzo mandato, bensì Agbeyome Kodjo che lui aveva sostenuto con il suo movimento, Dynamique Mgr Kpodzro (DMK), trasformato nell’aprile 2023 nella Dynamique pour la majorité du peuple (DMP).
Lo aveva ribadito anche il 22 febbraio 2021, ad un anno dal contestato voto, in un videomessaggio esclusivo per Nigrizia in cui ripercorreva la storia che ha portato al suo impegno politico diretto per la liberazione del suo popolo.
Da uomo di Chiesa, il monsignore è stato un attore essenziale della Conferenza nazionale sovrana (CNS) che nel 1991 (dall’8 luglio al 28 agosto) aveva visto le forze vive togolesi riunite in assemblea per dare al paese un futuro democratico, aprendo la via al multipartitismo.
Il 13 luglio i suoi pari in assemblea lo avevano scelto (era allora vescovo di Atakpame) per presiedere quell’assemblea e, una volta terminata, presiedere (fino al febbraio 1994) l’Alto consiglio della repubblica (praticamente, la costituente) che doveva dare una nuova Costituzione al paese.
Quando l’Alto consiglio (ottobre 1992) decise la soppressione dell’RPT – il Rassemblement du peuple togolais, partito unico fondato nel 1969 dal generale Eyadema (padre dell’attuale presidente) che aveva dominato incontrastato sul paese (e questo fino al 2012 quando cambiò nome) – Kpodzro venne “sequestrato” dai militari e tenuto per ore sotto il sole cocente di Lomé, perché abrogasse quella misura.
Da quando nel 2007 si era ritirato per raggiunti limiti di età da arcivescovo di Lomé, si era decisamente schierato con l’opposizione a Faure Gnasssingbe, provocando più di un imbarazzo ai suoi fratelli vescovi più “compromessi” con il regime.
Ordinato vescovo di Atakpame, il 2 maggio 1976, in una cerimonia “clandestina” rocambolesca prima dell’alba a Lomé /Saint Augustin per sfuggire agli sbirri che il regime di Eyadema aveva scandagliato per impedirne la consacrazione, mons. Kpodzro ha segnato la vita della Chiesa cattolica in Togo.
E l’opposizione perde un grande amico, uno su cui sapeva di poter contare perché decisamente schierato per l’alternanza democratica nel paese.
Che la terra togolese, quando sarà riportato nel paese, gli sia leggera. (EB)