Il 30 marzo, il governo togolese, anziché ascoltare le lamentele degli insegnati, primari e medi in particolare, è intervenuto, com’è sua abitudine, con la mano di ferro, licenziando 137 insegnanti colpevoli di aver proclamato l’ennesimo sciopero (dal 4 al 7 aprile) per ottenere migliori condizioni di lavoro e di vita. Una settimana dopo ne ha licenziati altri 9.
Non succede tutti i giorni che gli studenti scendano in piazza, anche se con qualche esuberanza di troppo, per reclamare il ritorno in classe dei loro insegnanti. È quanto avvenuto nel piccolo paese dell’Africa occidentale: prima di Pasqua, da Lomé la capitale, a Dapaong, nell’estremo nord, gli studenti hanno abbandonato le loro classi per reclamare i loro prof, il ritorno di quelli licenziati per lo sciopero lanciato dal Sindacato degli insegnanti (Set), un sindacato forte e democratico, espressione della base, e non un sindacato “controllato” dal potere.
Ma al Set i ministri interessati, Gilbert Bawara, della funzione pubblica, e quello dell’insegnamento primario, secondario, tecnico e dell’artigianato, Dodzi Komla Kokoroko, negano ogni legalità, accusandolo di «perseverare nell’atteggiamento di sfida nei confronti dell’autorità dello stato». Loro, i ministri, riconoscono solo la Coordinazione dei sindacati dell’educazione in Togo (Cset) e la Sinergia dei lavoratori del Togo (Stt), i signor sì alle direttive governative che non prevedono la benché minima protesta.
Niente trattative
L’educazione in Togo fa parte integrante di un ambizioso piano di sviluppo nazionale (2020-2025) che prevede l’investimento di 150 miliardi di franchi cfa (250 milioni di dollari). Il che dovrebbe tradursi anche, secondo gli annunci del governo, nel reclutamento di 3mila insegnanti e la costruzione di 30mila nuove aule di qui al 2025. Solo che in Togo si è fatto il callo agli annunci governativi, e altrettanto facilmente se ne dimentica la realizzazione… E così i problemi che da sempre affliggono il settore dell’educazione rischiano di compromettere il futuro dei giovani.
Un protocollo di intesa con gli insegnanti è stato firmato a marzo. Prevede, in particolare, l’aumento del salario base degli insegnanti e il reclutamento urgente di nuova forza lavoro per rimediare all’insufficienza cronica di personale insegnante. Solo che il Set non è stato invitato al tavolo delle trattative, di qui gli scioperi a ripetizione, accompagnati dall’accusa al governo di ignorare le richieste del corpo insegnante, in particolare quella di portare a 50mila franchi cfa (80 euro circa) lo stipendio mensile degli insegnanti della scuola primaria.
La crisi nell’insegnamento, ha visto l’intervento della Dinamica monsignor Kpodzro, il movimento di opposizione che fa riferimento all’ex arcivescovo di Lomé e che continua a rivendicare la vittoria alle elezioni presidenziali del suo candidato, Agbeyome Kodjo, arrivato secondo allo scrutinio “rubato” del febbraio 2020. Collocandosi in difesa degli insegnanti, la Dinamica condanna la posizione del governo di fronte alla crisi; ne denuncia la “mediocrità morale” e la gestione calamitosa di un problema tanto importante per l’avvenire del paese; ricorda che le rivendicazioni nel settore dell’educazione nazionale non datano da oggi e condanna l’arresto dei responsabili del Set, ricordando che, a gennaio, alcuni leader del Set erano stati oggetto di vessazioni e violenze.
Infine, la Dinamica rimprovera al governo il suo netto rifiuto di sedersi a un tavolo per delle trattative, preferendo invece intimidazioni e sanzioni, conformemente al suo modello di governance fatto di ricatti e di colpi bassi. Del resto, dei ministri non sono andati fino nel nord per impedire lo sciopero, e uno di loro, con disinvoltura e leggerezza, non ha definito gli insegnanti in sciopero di «pecoroni» e minacciato di servirsi di… «missili» (!) per schiacciare gli scioperanti del Set?
Scuola malata grave
Chi guarda serenamente alla scuola in Togo non può non allarmarsi della crisi che l’attraversa. Chi scrive ha vissuto in solidarietà con la gente, lo sforzo compiuto nel 1991 con la tenuta della Conferenza nazionale sovrana di superare con la democratizzazione del potere (sforzo, purtroppo, fallito…) la crisi socio-economica che colpiva il paese. In quell’occasione, un ministro di stato aveva sorpreso tutti dichiarando: «La scuola togolese è malata, malata grave, a uno stadio acuto. La nostra scuola soffre della miseria degli insegnanti, delle condizioni deplorevoli del loro lavoro, dell’insufficienza delle sue infrastrutture e attrezzature».
Cos’è cambiato da allora? Certo, qualcosa si è fatto, soprattutto con la decisione del governo nel 2006 di rendere obbligatorio per tutti il ciclo della scuola primaria. Ma ancora troppi sono i problemi che affliggono il sistema scolastico togolese. Troppe rimangono anche le ineguaglianze sociali e geografiche. Se può esser vero che il 93% dei bambini in età scolastica ha oggi accesso alla scuola, è vero che nelle regioni del centronord uno scolaro su due non arriva a terminare il ciclo primario!
Sono diversi i fattori che spiegano questo fallimento scolastico, a cominciare dalle condizioni di lavoro degli insegnanti. Gli insegnanti della scuola primaria e secondaria, meno quelli della superiore, ricevono salari bassi e irregolari, con il rischio che i giovani diplomati cerchino lavoro altrove. Le scuole sono spesso costruzioni vetuste e fatiscenti con classi affollate. In teoria, le classi nella scuola primaria e secondaria non dovrebbero superare i 35 alunni; in realtà troppe classi ne devono accogliere tra i 50 e i 150 (!) nel settore pubblico, tra 35 e 75 nel privato.
Non mancano poi i genitori che rifiutano di mandare a scuola i loro figli. Colpite sono in particolare le ragazze: le statistiche dicono che il 39 % delle ragazze in età scolastica non sono scolarizzate, così come il 15% dei ragazzi. Alla base ci sono ragioni economiche: nelle campagne, le famiglie molto povere non ce la fanno a mandare i loro figli a scuola.
Ragazze discriminate
Anche la tradizione gioca contro la scolarizzazione delle ragazze: se rimangono incinte, è “normale” escluderle dal sistema educativo. E se è vero che il Togo ha dichiarato alle Nazioni Unite di non praticare più questa esclusione discriminante, in realtà nulla è stato fatto per abrogare la disposizione, rimpiazzarla e cambiare le mentalità. E ancora: per tante ragazze, purtroppo, la scuola è un luogo in cui sono vittime di abusi sessuali e altre violenze fisiche.
Insomma la scuola non è in Togo un posto sicuro per le ragazze. Un rapporto ufficiale del 2018 riconosceva che è vero che le punizioni corporali dal 2000 erano proibite, ma le violenze di genere rimangono pur sempre di attualità e sono molto diffuse. Non ci sono cifre, ma i casi di abusi sessuali, di ricatti e di stupri perpetrati a scuola colpiscono tante giovani, anche minori di 12 anni. E poi, col pretesto che le studentesse ricercano evidentemente di ottenere buoni voti, alcuni professori non si fanno scrupolo di obbligarne alcune a rapporti sessuali, con le conseguenze facilmente immaginabili sulla loro salute mentale.
Infine, anche se la legge li proibisce, i matrimoni precoci rimangono moneta corrente in Togo. Ancora nel 2017, un quarto delle ragazze togolesi sono convolate a nozze prima dei 18 anni! Così sono costrette a lasciare la scuola, finendo per dipendere dal salario del marito.
In occasione della festa dell’indipendenza e di fronte alla crisi persistente nel settore educativo, il presidente Faure Gnassigbe è stato costretto a pronunciarsi. Il 27 aprile dunque si è schierato dalla parte dei suoi ministri, elogiandone il lavoro. Ha salutato il recente protocollo d’accordo raggiunto tra i ministri interessati e i sindacati agli ordini del governo (un concorso per reclutare 3mila nuovi insegnanti è previsto il 18 giugno), raccomandando soprattutto di «servirsi delle vie legali, di privilegiare il dialogo e di evitare violenze».
È il linguaggio “irenico” che esibiva anche suo padre, il generale Eyadema, al potere per 38 anni. Il figlio, succeduto al padre il 4 maggio 2005, ne sta seguendo le tracce, guardandosi bene dal soddisfare le richieste degli insegnanti. Col risultato che gli oligarchi del piccolo paese dell’Africa occidentale, che si bea della sua democrazia formale, mandano i loro figli a studiare in Occidente (Francia in primis). Mentre l’andazzo governativo compromette seriamente il futuro della gioventù togolese il cui diritto allo studio rimane non garantito.