In seguito all’annuncio dato dalla presidenza del Togo nei giorni scorsi della necessità di nuove consultazioni sulle riforme, per cui sono state rinviate le elezioni legislative e regionali del 20 aprile, quattro partiti di opposizione e un gruppo della società civile hanno sollecitato la popolazione a tre giorni di protesta, l’11, 12 e 13 aprile.
Gli oppositori denunciano una strategia per mantenere al potere il presidente Faure Gnassingbé che governa il paese dal 2005, quando rimpiazzò il padre Eyadema che per tre decenni aveva monopolizzato il governo togolese.
“Condanniamo vigorosamente la manovra del regime, che tenta con tutti i mezzi di porre in atto un colpo di stato costituzionale”, si legge nel comunicato dell’opposizione.
Il loro obiettivo è che il governo ritiri la riforma che permette all’Assemblea Nazionale di eleggere direttamente il presidente.
In marzo il parlamento aveva infatti adottato una legge che introduce il passaggio dal sistema presidenziale a quello parlamentare cambiando la Costituzione, conferendo all’Assemblea il potere di eleggere il presidente per un unico mandato di 6 anni (uno in più rispetto ai 5 attuali).
In risposta alla mobilitazione dell’opposizione, la polizia ha arrestato a Lomé nove membri del partito Dynamique Monseigneur Kpodzro, per aver sostenuto in un mercato pubblico la campagna contro l’illegalità della riforma.
Il pubblico ministero Talaka Mawama ha affermato che è stata avviata un’indagine contro «individui sorpresi a distribuire volantini e a cantare slogan che incitavano alla rivolta popolare». Ma il quotidiano The East African riferisce anche di un blitz notturno della polizia nella casa di uno degli oppositori, dove si stava svolgendo un meeting.
La riforma costituzionale ha già provocato tensioni e la polizia aveva interrotto una recente conferenza stampa dell’opposizione minacciando un gruppo di personaggi influenti che incitavano alla protesta.
Il ministro della Funzione Pubblica del Togo, Gilbert Bawara, ha dichiarato alla radio che ulteriori consultazioni prima del voto sono necessarie per garantire la trasparenza sulle riforme.
Da sottolineare che nel 2019, i membri del parlamento avevano emendato la Costituzione per limitare a due i mandati presidenziali, ma la legge non è stata applicata retroattivamente, consentendo in tal modo a Gnassingbe di candidarsi alle due elezioni successive.