Alla luce di un “chiaro miglioramento” della situazione di sicurezza nel nord del Mozambico, la multinazionale francese Total potrebbe riprendere entro fine anno i suoi lavori di costruzione di un impianto per la produzione di gas naturale liquefatto a largo della provincia di Cabo Delgado, teatro da cinque anni di un’offensiva di milizie armate di ispirazione jihadista. Ad affermarlo è stato il presidente e amministratore delegato Patrick Pouyanné, rilanciato oggi dalla stampa di Maputo.
Total ha sospeso i lavori nell’aprile 2021 dopo che i miliziani avevano lanciato un’offensiva su Palma, città a pochi chilometri dal sito di Afungi dove opera la multinazionale e che ospitava buona parte dei suoi dipendenti.
Pouyanné, secondo quanto riporta l’agenzia lusofona Lusa, ha affermato che la situazione a Cabo Delgado è molto migliorata e ha quindi sostenuto che Total prevede di tornare al lavoro entro la fine del 2023. L’impianto dovrebbe poter essere operativo dal 2028, quindi con un anno di ritardo rispetto al 2027 inizialmente previsto.
L’annuncio del dirigente di Total segue di quattro mesi la pubblicazione di un rapporto sulla situazione nei diritti umani a Cabo Delgado che lo stesso colosso francese aveva commissionato a Jean-Christophe Rufin, presidente della ong Azione contro la fame e fra i fondatori di Medici senza frontiere. Nel documento la situazione generale veniva definita come “migliorata”. A partire dalle raccomandazioni contenute nel report Total ha anche istituito una fondazione per lo sviluppo socio-economico di Cabo Delgado.
I mancati benefici per le popolazioni locali dei progetti legati al gas naturale, dal valore di 20 miliardi di dollari sono nel caso di quello che vede Total come capo fila, sono stati spesso indicati come uno dei principali fattori scatenati del conflitto. Al momento le ostilità con le milizie, che si auto dichiarano affiliate al gruppo Stato islamico (Isis) e che vengono definite a livello locale al-Shabaab, come il gruppo armato somalo a cui non sono però legate, è in una fase di stallo che sembra però ben lungi dall’essere anche conclusiva.
Due settimane fa i miliziani hanno rivendicato l’uccisione di almeno 11 persone in un villaggio della provincia. L’attacco è stato letto dal governo del presidente Filipe Nyusi come una rappresaglia per l’uccisione del presunto leader dei terroristi, Ibn Omar, annunciata a fine agosto.
Dal 2017 a oggi almeno 4.700 persone hanno perso la vita nel conflitto mentre secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) gli sfollati sono circa 850.000, nonostante circa 540mila persone siano tornate a vivere nella zona dei combattimenti. Da luglio 2021 l’esercito mozambicano è sostenuto sul campo da truppe rwandesi e da un contingente della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (SADC).
A Cabo Delgado Total detiene il 26,5% di un progetto nel bacino di Rovuma per lo sviluppo di due giacimenti e per la costruzione di un impianto di liquefazione con una capacità stimata di 13 milioni di tonnellate di GNL all’anno una volta ultimato. Nella stessa area, sede di diversi giacimenti fra i più grandi al mondo, opera anche l’italiana ENI, pur nell’ambito di progetti diversi.
Come osserva la stampa mozambicana, le sorti dell’impianto di Total sono strettamente connesse a quello del debito del paese, ristrutturato nel 2019 dopo che un clamoroso caso di malversazione di fondi aveva portato nel 2016 alla sospensione dei prestiti da parte della comunità internazionale e a un conseguente default.
La capacità di Maputo di ripagare gli interessi sul debito è legata in modo indissolubile agli ingressi che garantiranno i giacimenti di Rovuma, come ha indicato anche il Fondo monetario internazionale (FMI) al momento di concedere l’anno scorso un nuovo prestito da oltre 450 milioni di dollari, appunto il prima dallo scandalo del 2016.