Tremore - Nigrizia
Libri
Teju Cole
Tremore
Einaudi, 2024, pp. 216, € 19,50
05 Settembre 2024
Articolo di Arianna Baldi
Tempo di lettura 3 minuti

Al suo terzo romanzo, pubblicato a più di 10 anni di distanza dal precedente, Teju Cole presenta una prova letteraria difficile, degna di uno Scrittore con la S maiuscola ma certo non per tutti. Tremore è poco più di 200 pagine di riflessioni, emozioni, piccole epifanie d’arte e di pensiero che si incastrano tra loro delicatamente come la tela di un ragno, creando una fitta rete di rimandi e citazioni. È un romanzo che sente il peso dell’eredità del postmodernismo, della disgregazione della trama e della frammentazione del narratore, che qui, tra l’altro, cambia di sezione in sezione.

L’io non appare come il protagonista di una vicenda, anzi le vite dei personaggi, fatte spesso di non detti, rimangono sullo sfondo. L’io è un tramite, la mente attraverso la quale viene ricostruita e, anzi, decostruita la storia del razzismo americano. Cole, artista poliedrico, attinge all’arte, alla fotografia, alla musica per ripercorrere e smascherare le tappe della storia che hanno normalizzato e sistematizzato la discriminazione intrinseca delle persone nere – e non solo – negli Stati Uniti, un paese, come scrive lui stesso, ‘costruito sul genocidio’.

Dagli schiavisti ai serial killer, Tremore è un’analisi di come il suprematismo bianco americano (ed occidentale in genere) sia stato in grado di colonizzare l’inconscio collettivo, per citare Pasolini. Un contenuto in apparenza estremamente impegnativo sviscerato però con grande raffinatezza e leggerezza da parte dell’autore, e la natura frammentaria del romanzo in questo senso aiuta.

Se da un lato l’incedere non lineare della prosa lo rende una lettura a tratti poco scorrevole, dall’altro testimonia anche come i 10 anni di pausa dalla scrittura romanzesca non abbiano inaridito la consapevolezza letteraria di Cole, che qui appare assolutamente padrone dell’articolata composizione da lui proposta.

A differenza di Città aperta (2012), qui emerge la ricchezza della doppia appartenenza culturale dell’autore. Agli Stati Uniti si affiancano la Nigeria, il Mali, e l’incredibile varietà artistica e musicale dell’Africa occidentale. Tunde, cittadino americano di origine nigeriana, protagonista e alter ego di Cole, è un fotografo e insegna ad Harvard, una delle più prestigiose università del mondo. La sua è una vita scintillante, fatta di viaggi di lavoro in giro per il mondo, di cene in compagnia di rinomati intellettuali, di belle case.

E nella narrazione risaltano, per opposizione, le vite faticose di chi, a Lagos (‘città di sofferenze inespresse’), a parità di meriti, affronta una quotidianità ben lontana dagli stessi privilegi di cui ora gode Tunde. A rendere possibile il connubio di queste voci diverse, lo stile delicato di Cole, che sembra far planare appena le parole sui concetti, come un soffio dall’alto, preciso ma essenziale.

Con la volontà, pare, non di essere esaustivo, ma di aprire una strada. In questo senso si può dire che Tremore sia un libro politico, perché ha tutto l’aspetto di un invito implicito a proseguire il sentiero tracciato, a farne un percorso individuale.

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