“Bambini, donne, uomini, espulsi dalla Tunisia alla Libia, vivono in condizioni disumane”.
Il seguitissimo rapper e produttore di origini congolesi Maitre Gims ha così denunciato con una story sul suo profilo Instagram la terribile situazione di centinaia di migranti subsahariani scaricati dal regime tunisino nel deserto, sotto il sole senza cibo né acqua.
Il musicista ha aggiunto di non poter tacere di fronte a questa “insopportabile estrema angoscia” e di aver deciso quindi di annullare la sua prevista esibizione dell’11 agosto come headliner dello Urban Music Fest di Gerba.
Il suo intervento riaccende l’attenzione su una tragedia che da settimane si sta consumando nell’indifferenza dell’Europa e dell’Italia, complici, a causa dei finanziamenti e delle pressioni per il blocco dei flussi in partenza dalle sue coste, delle politiche xenofofe e repressive del presidente Saied nei confronti delle persone migranti.
Che negli ultimi mesi hanno subito attacchi violenti, scatenati dalle dichiarazioni dello stesso capo dello Stato che li ha accusati di essere parte di un “complotto” di “traditori che lavorano per paesi stranieri” per attuare una “sostituzione etnica”.
I racconti di quanto sta avvenendo sono fatti dalle guardie di frontiera libiche e dagli africani portati in salvo dalla Mezzaluna Rossa e raccolte nei giorni scorsi anche da inviati dell’agenzia AFP.
Dozzine di migranti sono stati trovati morti e le immagini dei loro corpi, diffuse sui social network, sollevano l’indignazione del mondo intero.
Tra queste quella di una giovane madre rinvenuta sulla sabbia, abbracciata alla figlia ai piedi di un piccolo cespuglio.
Molti altri restano tra la vita e la morte nel rovente deserto tunisino-libico. Ma anche lungo l’altra frontiera, quella con l’Algeria.
Sarebbero tra le 600 e i 700 le persone trasportate lì con la forza dalla città di Sfax, nell’ambito di una feroce repressione dell’immigrazione irregolare che colpisce in particolare gli africani con la pelle nera.
Human Rights Watch parla di circa 1.200 africani “espulsi o trasferiti con la forza dalle forze di sicurezza tunisine” dall’inizio di luglio.
E le deportazioni stanno proseguendo quotidianamente.
«Siamo sulla linea di demarcazione tra Libia e Tunisia e ogni giorno vediamo arrivare sempre più migranti», ha detto all’AFP Ali Wali, portavoce del Battaglione 19, unità libica che pattuglia 15 chilometri di confine intorno ad Al-Assah.
A seconda dei giorni, racconta, «possiamo trovare 150, 200, 350, a volte anche 400 o 500 migranti irregolari». Tra questi donne – anche incinta – e bambini.
Pochi giorni fa le Nazioni Unite hanno chiesto al regime tunisino “soluzioni urgenti”, ma le autorità continuano a negare. Anche davanti all’evidenza.