Decisione assunta dopo che 120 deputati si erano riunioni online votando un disegno di legge volto a revocare le misure eccezionali adottate da Saied dal luglio scorso. Il capo di stato ha giustificato in diretta tv la sua scelta dicendo che il paese è preso di mira da un disperato tentativo di golpe
Il presidente tunisino Kais Saied ha annunciato lo scioglimento del parlamento, otto mesi dopo averlo sospeso per assumere pieni poteri nel luglio 2021.
Saied ha fatto l’annuncio durante una riunione del “Consiglio di sicurezza nazionale” da lui presieduto, poche ore dopo che i parlamentari hanno sfidato la sospensione del parlamento tenendo una sessione virtuale, durante la quale hanno votato per annullare le misure eccezionali decise dal presidente.
Su invito dell’ufficio dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp), organismo che riunisce la presidenza del parlamento e i rappresentanti dei partiti ivi riuniti, 120 deputati (su un totale di 217) hanno partecipato ieri a una seduta plenaria online, presieduta di Tarek Fertiti, vice presidente del parlamento, un indipendente. Il presidente dell’Arp, Rached Ghannouchi, leader del partito Ennahdha, di ispirazione islamista, non ha partecipato all’incontro.
Centosedici parlamentari hanno votato a favore di un disegno di legge volto a revocare le misure eccezionali adottate da Saied, che, secondo loro, stanno bloccando il processo democratico nel paese, stabilendo il governo di un solo uomo in Tunisia, culla della Primavera araba.
I deputati, compresi i membri eletti di Ennahdha e gli indipendenti, hanno anche chiesto l’organizzazione di elezioni legislative e presidenziali anticipate per uscire dalla crisi politica e socioeconomica. Riconoscendo anche la loro parte di responsabilità in questa crisi, hanno chiesto un dialogo nazionale tra tutte le parti.
Dialogo rigettato dal presidente, che ha avuto una brusca reazione decidendo, appunto, di sciogliere il parlamento, citando l’articolo 72 della Costituzione.
L’annuncio è stato dato dal presidente in un discorso trasmesso dalla principale televisione nazionale.
«Lo stato è preso di mira da un disperato tentativo di colpo di stato (…). La mia responsabilità è proteggere lo stato, le sue istituzioni e il suo popolo», ha affermato.
E ha insistito sul fatto che «la riunione illegale dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo non aveva motivo di essere convocata, poiché è già congelata.
Il capo dello Stato tunisino ha messo in guardia contro ogni tentativo di seminare caos e divisione interna: «Istituzioni forti e un popolo consapevole contrasteranno qualsiasi complotto contro la sicurezza nazionale e tutti gli autori di questo complotto saranno perseguiti alla giustizia secondo le norme in vigore», ha ribadito Saied.
Poco prima del suo intervento, il capo di stato ha presieduto un consiglio di sicurezza nazionale, prima di incontrare il capo del governo Najla Bouden.
Una situazione che rende ancora più evidente la spaccatura in atto nel paese. Il rischio è di creare ulteriori divisioni.
Dopo mesi di stallo politico, Saied, eletto alla fine del 2019, ha assunto i pieni poteri il 25 luglio destituendo il primo ministro e sospendendo il parlamento. Il 22 settembre ha ufficializzato il suo “colpo di stato” con una serie di misure eccezionali che gli consentono di governare per decreto.
Ai primi di febbraio, inoltre, ha deciso di sciogliere il Consiglio superiore della magistratura, nominando giudici di sua fiducia.
Il presidente ha anche detto ironicamente ai parlamentari che potrebbero incontrarsi «in uno space shuttle».
Nel frattempo Saied continua nella sua politica di epurazione di governatori e sindaci. Gli ultimi due licenziati con due decreti presidenziali sono il governatore di Sousse, Raja Trabelsi e quello di Sfax, Faouzi Mrad.
È poi uscito nei giorni scorsi un report di Amnesty International in cui si denuncia come la nuova legge anti-speculazione minacci la libertà di espressione.
Questa legge è stata emanata nell’ambito di quella che il presidente ha chiamato campagna contro gli speculatori di merci. Il decreto legge 2022-14, entrato in vigore il 21 marzo 2022, contiene disposizioni vagamente formulate che potrebbero portare a pene detentive da dieci anni all’ergastolo anche per chi apra un dibattito pubblico sull’economia.
Il decreto legge criminalizza la diffusione deliberata di «notizie o informazioni false o inesatte» che indurrebbero i consumatori ad astenersi dall’acquisto, o a interrompere la fornitura di beni ai mercati e quindi a causare un aumento dei prezzi.
Secondo Amnesty, se sono legittimi motivi di preoccupazione gli atti per influenzare i mercati attraverso mezzi fraudolenti, leggi estese come il decreto legge 2022-14 aprono la porta a procedimenti ingiusti e abusivi.