Tunisia: Saied fa 90. Gli piace vincere facile - Nigrizia
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Percentuale alla Kagame, presidente del Rwanda e recordman nelle elezioni presidenziali
Tunisia: Saied fa 90. Gli piace vincere facile
Il presidente supera di poco il 90% dei consensi. Risultato atteso. Anche se non con queste dimensioni. Ma dal 2021 ha trasformato la democrazia in un regime autoritario. Ha cancellato la divisione dei poteri, azzerato l’opposizione, attuato una sistematica repressione. Zammel, il candidato in carcere, ha preso il 7,35% dei voti, mentre il terzo sfidante Maghzaoui, poco meno del 2%. Il dato più atteso era quello dell’affluenza: il 28,8%. Bassa ma non poi così tanto se confrontata con gli ultimi appuntamenti elettorali. Il peso dei militari in questo voto
07 Ottobre 2024
Articolo di Gianni Ballarini
Tempo di lettura 5 minuti
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L’attesa, si fa per dire, è durata fino alle 20.30 (19.30 ora locale) di stasera lunedì 7 ottobre. L’Alta  autorità indipendente per le elezioni (Isie) ha comunicato i dati ufficiali delle terze elezioni presidenziali tunisine, che si sono svolte domenica 6 ottobre.

Poca incertezza sul nome vincitore: il presidente uscente Kais Saied. Ma fa impallidire ogni previsione il suo risultato: il 90,69% di consensi.

Una vittoria alla Kagame, il presidente rwandese che nelle elezioni del luglio scorso è riuscito a ottenere il 99,15%, il 98,79% in quelle del 2017, il 95,05% nel 2003 e il 93,08% nel 2010.

Saied, bontà sua, ha deciso di stare leggermente sotto a queste soglie da regime nordcoreano. Da far invidia al suo vicino e mentore Abdelmadjid Tebboune, presidente algerino che si è “accontentato” dell’84% dei voti alle elezioni dello scorso settembre.

Gli exit poll usciti a urne appena chiuse, elaborati da Sigma Conseil e letti nella tv pubblica, attribuivano al presidente una percentuale leggermente più bassa, l’89,2% delle preferenze.

Ai suoi due avversari sono rimaste le briciole: Ayachi Zammel ha ottenuto il 7,35% e Zouhair Maghzaoui poco meno del 2% (1,91%).

Avversari azzoppati da subito. Zammel è in prigione dal 2 settembre con 35 procedimenti penali a carico, con una condanna a 12 anni arrivata a 5 giorni dal voto.

Bassa partecipazione, ma…

Il dato che tutti attendevano era quello dell’affluenza alle urne. Perché la poca partecipazione poteva essere letta come un segnale della scarsa fiducia dei cittadini al regime.

L’ Isie ha confermato che si sono recati alle urne il 28,8% degli aventi diritto, un punto in più rispetto al dato fornito domenica (27,7%). Una percentuale bassa. Nelle elezioni del 2019, al primo turno, si era attestata sul 45%. Tuttavia al voto per le due camere del parlamento nel 2022 e nel 2023 si era fermata all’8,8 e all’11%. 

È probabile che gli elettori tunisini (anche se sempre pochi) siano più propensi a partecipare alle elezioni presidenziali, nonostante gli annunci al boicottaggio arrivati dalla società civile.

Voto per Zammel

Un fattore che potrebbe spiegare una partecipazione bassa, ma non azzerata, è che una parte dell’opposizione ha chiesto di votare per Zammel, il candidato in carcere. Per due ragioni: per imporre un auspicato secondo turno. E per mettere in difficoltà il regime con il successo di un candidato condannato in carcere.

Il dato che appare evidentemente falsato è quello dei consensi ottenuti da Saied. Una quantità di voti quasi impossibile da ottenere: quasi 2 milioni 439 mila. Quattro volte i consensi ottenuti al primo turno delle elezioni del 2019, nelle quali si era imposto con “soli” 600mila voti.

Con Saied democrazia demolita

Scontato, tuttavia, il suo risultato. Saied dal 2019 ha accuratamente fatto cadere tutti i pezzi, uno per uno, della democrazia tunisina per posizionarsi come il padrone di un gioco senza avversari. Come fosse il padrone del paese.

Il 25 luglio 2021, ha sospeso il parlamento del 2014, licenziando il primo ministro. Successivamente ha consolidato il potere redigendo una nuova Costituzione e promulgando decreti presidenziali, come il decreto 54, che hanno limitato la libertà di espressione e soffocato il dissenso.

La sua amministrazione si è impegnata in una sistematica repressione di esponenti dell’opposizione, giornalisti, come Sonia Dahmani, Borhen Bssais e Mourad Zghidi, e attivisti della società civile attraverso arresti e azioni legali.

Questi eventi hanno sollevato serie preoccupazioni sul futuro della democrazia in Tunisia.

Depotenziato il Tribunale amministrativo

Il 27 settembre, 9 giorni prima del voto, il parlamento tunisino ha approvato una nuova legge che priva il Tribunale amministrativo della sua autorità in materia elettorale, impedendogli di agire come controllo sugli abusi.

La Tunisia pare ritornata agli anni autoritari precedenti al 2011.

In aggiunta a questo contesto politico orwelliano, i tunisini stanno affrontando le ripercussioni di un’economia e di un’inflazione in cattivo stato.

Una situazione che ha creato mancanza di fiducia e disillusione dei tunisini nella politica in generale. Tradite le richieste fondamentali sostenute dalla Primavera dei gelsomini: occupazione, libertà e dignità nazionale.

Il ruolo dei militari

Ma c’è un dato che viene spesso tralasciato nelle analisi sulla Tunisia: il ruolo dell’apparato militare e della sicurezza in generale. Negli scorsi mesi erano circolate voci su un rapporto incrinato tra il presidente e il suo esercito, che gli ha dato un sostegno costante da quando è salito al potere.

All’inizio di agosto, gli alti ufficiali che compongono il Consiglio di sicurezza nazionale, l’unico organo indipendente dalla presidenza, hanno convocato una riunione a cui ha partecipato anche Saied. Secondo il sito francese Africa Intelligence, generalmente ben informato grazie ai suoi stretti legami con i servizi, «sono emerse divergenze sulla gestione della campagna presidenziale, in particolare sugli arresti e le vessazioni giudiziarie subite da diversi candidati dichiarati».

È probabile, tuttavia, che i militari non abbiano voluto correre il rischio di un secondo turno che sarebbe stato troppo rischioso vista la crescente protesta anti-Saied. Hanno quindi optato per il male minore: fare tutto il possibile per garantire che la questione fosse risolta al 1° turno, anche a costo di azzardare un punteggio molto improbabile (in stile algerino) che ricorda gli anni di Ben Ali. 

La domanda che ci si dovrebbe porre ora è: chi governa davvero la Tunisia?

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