In Tunisia la campagna elettorale inizierà ufficialmente il 16 settembre. Il voto è il 6 ottobre. Campagna inutile. Voto già scritto.
Tre i candidati in competizione. Il primo è l’attuale presidente autocrate Kais Saied. Il secondo è l’ex parlamentare Ayachi Zammel, fondatore del movimento Azimoun. Il terzo è Zouhair Maghzaoui, ex parlamentare e segretario generale del Movimento popolare.
Candidati resi innocui
Zammel è stato arrestato il giorno stesso in cui l’Alta autorità indipendente per le elezioni (Isie) ha comunicato chi restava (tra cui lui, appunto) a competere tra i 17 candidati iniziali. La cosa sorprendente è che ieri sera, dopo essere stato rilasciato, è stato subito riarrestato. Lo afferma il suo avvocato Abdessatar Messaoudi.
Maghzaoui non è stato fermato. Ma mercoledì 4 settembre i giornali locali hanno scritto che la magistratura tunisina avrebbe aperto un’inchiesta anche nei suoi confronti.
A Saied, evidentemente, piace vincere facile. Ma questo lo si sa da almeno tre anni. E chi lo contesta non troverà rifugio nei diritti fondamentali: o l’arresta o l’intimidisce o gli mette il bavaglio.
Giornali zittiti
È quello che è successo alla storica rivista francese Jeune Afrique. Il numero 3.140 del mensile, datato settembre, non è stato autorizzato in Tunisia. Per cui non sarà diffuso. Il motivo? Probabilmente l’aver pubblicato un’inchiesta su Saied con il titolo di copertina L’iperpresidente. «Quattordici anni dopo la caduta dell’ex presidente Ben Ali, la nostra rivista mensile di settembre non è stata autorizzata alla vendita nel paese.
In questione un’indagine sul presidente Kais Saied, candidato alla rielezione il 6 ottobre», si legge sul sito del mensile. «L’iperpresidente», scrive il direttore, Marwane Ben Yahmed, «è una valutazione obiettiva, documentata e precisa del mandato e del modo di governare di colui che cercherà la propria successione il 6 ottobre, nel corso delle elezioni presidenziali decise in anticipo, perché non c’è nessun vero concorrente sulla linea di partenza».
Jeune Afrique rende comunque disponibile il numero sul proprio sito.
Il caos
Nel frattempo il “pacifico” Saied ha dichiarato che «le elezioni non sono una guerra, ma un appuntamento rinnovato in momenti specifici in conformità con la Costituzione».
Parole contraddette dal caos che regna nel paese. L’ultima violenta polemica è quella in corso tra Isie e Tribunale amministrativo. La disputa verte su chi abbia l’ultima parola nell’ esaminare i ricorsi dei candidati esclusi.
Rete tunisina per i diritti e le libertà
La società civile e i partiti di opposizione, nonostante siano stati azzoppati, hanno costituito in questi giorni (presentata il 4 settembre) la Rete tunisina per i diritti e le libertà.
Lo scopo è preservare i diritti e le libertà dei cittadini tunisini. In una dichiarazione, la Rete ha affermato che il presidente della Repubblica si è «concesso ampie prerogative attraverso la Costituzione del 2022», minando «la libertà di espressione e perseguitato oppositori, giornalisti e cittadini con arresti arbitrari».
Ha poi criticato «l’uso di discorsi d’odio e teorie cospirative per giustificare la crisi economica e la mancanza di politiche pubbliche efficaci».
Visto il clima politico e sociale che si respira nel paese, la Rete si dichiara «non favorevole allo svolgimento di elezioni presidenziali poco trasparenti, vista la repressione dei candidati e l’indebolimento del principio di concorrenza leale». La rete riunisce nove partiti politici e tredici associazioni.