È noto che ogni tipo di potere esercita la sua capacità di espansione e di influenza attraverso i media. Ed è ovvio che cambiando (come sta avvenendo da tempo) la geopolitica a favore di un maggiore coinvolgimento attivo dei paesi africani nelle questioni e decisioni globali, anche la comunicazione sta modificando la propria prospettiva.
Nel continente è in corso da tempo una sorta di riappropriazione di spazi di informazione per raccontare l’Africa e le sue storie con uno sguardo più “africano” e meno occidentale. Citiamo Africa No Filter ad esempio, o Bird (che ne deriva), ma ce ne sono molte altre.
A fronte di questi tentativi “locali”, negli anni alle tradizionali emittenti che coprono l’Africa da decenni – BBC, VOA, Radio France International, per citare le più note e seguite – hanno continuato ad aggiungersene altre “non autoctone”.
Iniziative proprio di quei paesi che esercitano oggi la maggiore influenza economica e politica nelle varie regioni africane. Pensiamo all’agenzia di stampa cinese Xinhua, ad esempio, o a quella turca Anadolu.
Ad espandere la propria presenza mediatica in Africa è oggi anche il BRICS, blocco economico costituito da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (al quale si sono aggiunti di recente Egitto, Etiopia, Argentina, Emirati Arabi, Iran e Arabia Saudita, ndr).
Dal 2017 è nata TV BRICS, con sede a Mosca. E fu proprio il presidente russo a sollecitarla. Secondo la stessa rete, il pubblico potenziale è pari a oltre 3,5 miliardi di persone solo nei paesi membri ed è di proprietà di MKR Media, una holding fondata dalla russa Interstate Corporation for Development.
TV BRICS ha firmato un accordo con le Nazioni Unite con il mandato di raccontare le attività delle agenzie dell’ONU a favore del mantenimento della pace, della lotta alla povertà, dell’assistenza umanitaria. Ma, in realtà, l’obiettivo è anche un altro: contrastare le narrazioni occidentali sui paesi del Sud del mondo.
La tv – e il relativo sito web – trasmette nella lingua russa, inglese, cinese e portoghese ed è centrata su questioni politiche, economiche e sociali che riguardano i paesi membri.
La tv ha già siglato numerose partnership con media in Cina, Russia e America Latina per distribuire i suoi contenuti e gestisce anche un canale 24 ore su 24 in Russia, ma molto presto potrebbe cominciare a trasmettere anche in lingue africane.
Sono infatti in corso accordi di partnership con società di media in Kenya, Egitto, Mozambico e Sudafrica, che intanto ha già un canale dedicato, inaugurato nel corso dell’ultimo summit del BRICS, lo scorso agosto a Johannesburg.
Sicuramente un modo efficace per esercitare quel soft power in grado di influenzare dibattiti, opinioni e scelte politiche. Certo, sostituirsi al ruolo che in questi anni hanno rivestito canali come, appunto, la BBC – che solo in paesi come Kenya, Ghana e Nigeria conta un pubblico complessivo di 63 milioni di persone – non sarà facile (se questa è l’intenzione).
Di sicuro quello che sta crescendo – e questa ascesa è destinata ad aumentare – è la forza e la struttura stessa del BRICS. L’organizzazione ha assunto una posizione rilevante nell’economia globale e sempre più è destinata a fare da contrappeso alle istituzioni multilaterali guidate dall’occidente come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.
Un “gruppo” che comprende il 40% della popolazione mondiale e che aumenterà presto, considerato che 17 paesi nel 2023 hanno chiesto di entrarne a far parte. Tra questi ci sono Senegal, Sudan, Algeria, Nigeria e ora si parla anche del Kenya.
Tant’è che si comincia già ad usare BRICS Plus per definire un’organizzazione in via di ampliamento. Sarà davvero una fonte alternativa la TV BRICS, o diventerà canale di propaganda? Certo voci alternative non guastano e magari aiutano ad arricchire il confronto e la conoscenza di quanto accade in un continente assai appetibile per investimenti e relazioni diplomatiche.
Un’interpretazione del ruolo e dell’importanza della TV BRICS nel continente, l’ha fornita – parlando con Semafor – Ayanda Hollow, presidente di TV BRICS Africa. Secondo Hollow le storie del Sud Globale, comprese quelle che riguardano lo sviluppo del continente africano, la sua cultura, quelle di interesse umano, non sono state “ben coperte” dall’establishment dei media internazionali.
Ed ha aggiunto: «Nessuno può raccontare le proprie storie come possiamo fare noi». Se solo questi racconti rimarranno indipendenti – aggiungiamo noi – dalle ingerenze politiche – interne, cioè dei governi e dei poteri locali, ed esterne – e dai rapporti di forza su cui si basano le relazioni (e le azioni) dei paesi interessati a questo continente. Per una ragione o per l’altra.