L’Unione africana (Ua) non è in sintonia con la Cedeao sui mezzi da utilizzare per risolvere la crisi in Niger. Lunedì scorso, il Consiglio per la pace e la sicurezza (Psc), l’organismo dell’Ua incaricato di questi problemi, ha tenuto una riunione fluviale per esaminare. È stato un incontro “teso”, “interminabile”, “più di dieci ore” da cui è emersa una chiara opposizione da parte del Psc all’uso della forza in Niger, secondo Le Monde Afrique. Nonostante una delegazione dell’Unione africana sia stata respinta il 9 agosto dai golpisti nigerini
La posizione del Psc sarà quella dell’Ua. Pur essendo contrario a un intervento armato in Niger, il Psc ha comunque deciso di sospendere il Niamey da tutte le istanze dell’Unione africana.
Un affronto per la Cedeao
Questa posizione dell’Ua soddisferà sicuramente la maggioranza delle popolazioni della subregione dell’Africa occidentale. Infatti, da quando la Conferenza dei capi di stato della Cedeao ha iniziato ad agitare seriamente la minaccia di un intervento militare, le popolazioni non hanno cessato di gridare la loro opposizione nel tentativo di dissuadere i leader. Ma ciò non ha impedito alla Cedeao di attivare, giovedì 10 agosto, il corpo di guardia dell’organizzazione.
Una posizione spinta soprattutto dalla Nigeria, da cui potrebbe arrivare il grosso delle truppe.
Voci dissidenti in Nigeria
Ma anche nel paese più popoloso d’Africa sono sempre più insistenti le voci contro l’uso delle forze militari. E non solo dal Senato che ha respinto la soluzione armata.
Voci contrarie arrivano anche dagli esperti di sicurezza, dai leader religiosi e tradizionali, fino ai cittadini.
Molti di loro hanno avvertito che l’intervento armato a Niamey potrebbe innescare un disastroso scisma regionale. I beneficiari immediati sarebbero gli insorti jihadisti che stanno già guadagnando terreno nel Sahel e il Gruppo Wagner dei mercenari russi guidati da Yevgeny Prigozhin.
La posizione della Nigeria, in effetti, è molto complessa, considerando che detiene la presidenza della Cedeao e che è molto vicina al Niger non solo in termini di confini, ma anche di legami storici e tradizionali.
Legami storici
L’ansia sta aumentando negli stati della regione nordoccidentale; ciò che spesso si ignora è che un abitante su cinque di Sokoto, stato nigeriano nel nordovest del paese, proviene dal Niger o ha legami con la Repubblica del Niger.
Lo stesso vale per alcune parti degli stati di Katsina, Jigawa e Kebbi. L’idea di invadere il Niger, che confina direttamente con la Nigeria, per molti è una mossa impraticabile e controproducente.
Molti nigeriani del nord dipendono poi dal commercio transfrontaliero per guadagnarsi da vivere o hanno parenti in Niger. Le economie delle città, su entrambi i lati del confine, si basano sul movimento di persone e merci.
Ciò significa che le sanzioni economiche imposte al Niger, compresa la chiusura delle frontiere, hanno colpito duramente la popolazione. La rabbia potrebbe diffondersi in tutto il nord della Nigeria, in un momento di crescente frustrazione per il costo della vita alle stelle, dopo che Tinubu ha eliminato il popolare sussidio per il carburante del Paese come parte delle riforme finanziarie da quando è entrato in carica a fine maggio
Inoltre, un’invasione del Niger potrebbe destabilizzare l’intera regione dell’Africa occidentale. Data l’interconnessione delle nazioni e il potenziale effetto di spillover, un’azione militare potrebbe portare a una catena di reazioni e instabilità, coinvolgendo i paesi vicini, soprattutto quelli che hanno combattuto gli attacchi di estremisti violenti come Burkina Faso, Mali, Guinea, Ciad, Camerun e Algeria. Il rischio è che si creerebbe una crisi su larga scala che potrebbe essere difficili da contenere nella regione.
Ruolo della diplomazia
La diplomazia e i negoziati pacifici dovrebbero essere sempre prioritari rispetto agli interventi militari. La Cedeao, che si riunisce il 17-18 agosto in Ghana, dovrebbe impegnarsi in un dialogo costruttivo non solo con la giunta militare nigerina, ma anche con il Burkina Faso, il Mali e il Ciad e lavorare attraverso i canali diplomatici per offrire un percorso verso la risoluzione del conflitto e affrontare le questioni di fondo che possono aver contribuito alla tensione.
Le Nazioni unite e l’Ua dovrebbero avere un ruolo nel facilitare le discussioni per trovare un terreno comune e soluzioni sostenibili. Lavorando insieme per trovare mezzi diplomatici, potrebbero sostenere i valori dell’umanità ed evitare le devastanti conseguenze dei conflitti armati nella regione.
Lotta ai terroristi nel lago bacino del Ciad
Una qualsiasi invasione militare del Niger, infatti, comporterebbe una significativa perdita di vite umane e di risorse generando una grave crisi umanitaria. Negli ultimi dieci anni, i due paesi hanno dovuto affrontare il conflitto a causa dei violenti attacchi degli estremisti di Boko Haram e dello Stato Islamico lungo le comunità del bacino del Lago Ciad, costituite dagli stati di Borno, Yobe e Adamawa nella regione nordorientale della Nigeria e da Diffa in Niger.
Stessa situazione nella regione nordoccidentale della Nigeria, dove quattro stati nigeriani, Katsina, Sokoto, Zamfara e Kebbi, hanno affrontato un lungo conflitto con i banditi che ha causato lo sfollamento di migliaia di persone. Come se non bastasse, attualmente più di 80mila nigeriani, per lo più provenienti dagli Stati citati e colpiti dal banditismo, si trovano a Maradi come rifugiati sotto l’assistenza dell’Unhcr .
Il Niger, alleato chiave nella lotta contro Boko Haram, lo Stato Islamico e i banditi, trovandosi ad affrontare la minaccia del suo vicino, creerebbe grande sfiducia tra i due paesi e, naturalmente, comprometterebbe la guerra antiterrorismo nelle aree del bacino del Lago Ciad.
Pertanto, l’invasione del Niger comporterebbe inutili sofferenze per i civili innocenti e probabilmente aggraverebbe le crisi umanitarie esistenti non solo in Niger ma anche in Nigeria.
*Idris Mohammed è un ricercatore e giornalista nigeriano che si occupa di conflitti, collabora con il Conflict Research Network of West Africa e attualmente membro dell’United State Institute of Peace Nigerian Network of Facilitators.