Il 3 aprile, la Corte Costituzionale dell’Uganda ha confermato la controversa legge anti-LGBTQ+ promulgata nel 2023, respingendo la petizione che ne chiedeva l’annullamento.
La legge, denominata Anti-homosexuality Act, non solo criminalizza i rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso, ma prevede anche pene estreme come il carcere a vita e addirittura la pena di morte nei casi ritenuti di ‘omosessualità aggravata‘.
La Corte Costituzionale ha preso questo decisione nonostante alcune sezioni fossero state ritenute incostituzionali. Rimane ora solo la possibilità di appello alla Corte Suprema, sulla quale però gli attivisti non nutrono più grandi speranze.
Il governo ugandese, guidato dal presidente Yoweri Museveni, ha adottato un tono di sfida nei confronti delle critiche internazionali, accusando l’Occidente e in particolare gli Stati Uniti di interferire negli affari interni del paese. Tuttavia, l’approvazione e l’applicazione di leggi così discriminatorie rappresentano una chiara violazione dei diritti umani fondamentali e degli impegni internazionali dell’Uganda.
La comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti umani, ha condannato fermamente la legge anti-omosessualità dell’Uganda e ha chiesto al governo di revocarla immediatamente. Tuttavia, fino ad oggi, il governo ugandese non ha mostrato di voler cambiare rotta, nonostante questo sia costato a Kampala il blocco dei prestiti da parte della Banca Mondiale.