Google, Microsoft, Price Waterhouse sono alcuni dei colossi economici che daranno da pensare al presidente Museveni nei prossimi giorni. Parlando con la voce comune della Open for Business Coalition nella giornata di mercoledì 29 marzo, hanno gettato il loro peso nel dibattito sul nuovo disegno di legge anti-Lgbtq+. Disegno che il parlamento ugandese ha approvato la settimana scorsa e che ora spetta a Museveni promulgare o rinviare.
In ballo c’è un inasprimento di una legislazione già tra le più omofobe in Africa. La proposta di legge prevede la criminalizzazione di chiunque si identifichi come gay, lesbica, queer o transgender. Scatterebbe anche la pena di morte per i casi di ‘’omosessualità aggravata’’, una fattispecie giuridica che riguarderebbe attività sessuali compiute con persone sotto i 18 anni.
La Open for Business Coalition ha il peso per dire la sua. È specificamente dedicata alla promozione dei diritti Lgbt+ a livello internazionale. Ne fanno parte aziende leader globali, perlopiù basate negli Stati Uniti (Google e Microsoft in primis) e nel Regno Unito (tra le tante, Unilever e Pricewater Cooper House).
Forte di nomi del genere, ha segnalato che una legge del genere lederebbe l’economia ugandese, perché porterebbe ad una riduzione di investimenti diretti esteri da parte delle aziende, nonché del flusso turistico.
La responsabile ugandese della coalizione, Yvonne Muthoni, ha dichiarato che le aziende sarebbero messe «in una situazione impossibile» da un aspetto in particolare della legge, che richiede alle società di denunciare quali suoi dipendenti facciano parte della comunità Lgbt+. «O violano la legge in Uganda o vanno contro gli standard internazionali di responsabilità d’impresa e le leggi sui diritti umani sancite dai paesi in cui sono basate» ha aggiunto.
Il suo commento avviene mentre la vicepresidente Usa Kamala Harris è impegnata in un mini tour diplomatico in Africa. L’Uganda non è in programma, ma nella sua prima tappa, in Ghana, la Harris ha preso una netta posizione contro un altro disegno di legge omofobo, attualmente in discussione al parlamento ghanese.
Il presidente Nana Akufo-Addo – di certo non tenero sul fronte diritti della comunità LGBTQ+ – si è lasciato bacchettare le mani stavolta, mostrandosi aperto a seguire le indicazioni statunitensi. La sua docilità nasce anche dalla grave crisi economica in cui versa il suo Paese, la più grave in una generazione, che rende l’appoggio statunitense più necessario che mai.
In Uganda invece, Museveni non si è espresso a riguardo, ma è ben rodato nel ruolo del difensore della morale pubblica.
Già nel 2014, aveva promulgato un disegno di legge simile, apparentemente incurante del coro di indignazione internazionale. La Corte Costituzionale ugandese aveva poi annullato la legge per un vizio di forma.
Andrà così anche questa volta?