Il 13 ottobre il presidente Yoweri Museveni ha ratificato il Computer Misuse (Amendment) Bill, la nuova legge sull'”uso improprio del computer”, approvata l’8 settembre dal parlamento, che sostituisce il Computer Misuse Act del 2011.
La nuova legislazione mira a vietare l’invio o la condivisione di informazioni false, dannose e non richieste e impone, tra gli altri, il divieto di scrivere, inviare o condividere tramite un computer, qualsiasi informazione che possa ridicolizzare, degradare o umiliare un altro individuo.
Per i contravventori sono previste pene fino a sette anni di carcere e/o una multa di 4mila dollari.
La modifica è duramente contestata dagli operatori dei media ugandesi che denunciano la volontà del regime di censurare il dissenso online, imbavagliando la libertà dei media per proteggere le élite al potere e i corrotti.
“Questo è davvero un duro colpo per la libertà di espressione e in particolare per i giornalisti che svolgono attività investigativa, perché questa legge impone barriere insostenibili alla parola. La sfideremo sicuramente nei tribunali”, ha affermato Robert Sempala, direttore esecutivo della Rete per i diritti umani per i giornalisti, sentito dall’agenzia Anadolu.
Ѐ una misura che limita la condivisione e la diffusione, e quindi l’accesso alle informazioni, e che viola il Patto internazionale del 1966 sui diritti civili e politici, gli ha fatto eco Anadolu Swaib Kagwa, docente di media presso l’Università islamica in Uganda.
L’Uganda è stata a lungo accusata di soffocare le libertà di espressione, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo dei social media, su cui il regime ha anche imposto una tassazione nel 2018.
Il caso più eclatante è stato il blocco di Facebook durante la campagna elettorale del 2021. Allora Museveni, al potere dal 1986, impedì al social di operare nel paese accusandolo di “arroganza”, dopo che la società aveva rimosso numerosi account falsi e le pagine collegate alla sua campagna di rielezione.
La legge sull’uso improprio del computer è invece già stata utilizzata negli anni per l’arresto e la condanna di critici del governo. L’ultima vittima è la TikToker Teddy Nalubowa, arrestata il 9 settembre e scarcerata su cauzione il 4 ottobre. Dovrà rispondere di comunicazione offensiva per aver pubblicato un video che celebrava la morte dell’ex ministro della sicurezza Elly Tumwine, conosciuto per aver guidato le truppe che hanno ucciso più di 50 civili durante le proteste seguite all’arresto del politico dell’opposizione Robert Kyagulanyi (noto anche come Bobi Wine) nel 2020.
Altri nomi conosciuti finiti sotto accusa sono quelli dell’attivista Stella Nyanzi, arrestata per aver insultato il presidente su Facebook e condannata a 18 mesi di carcere, e dello scrittore Kakwenza Rukirabashaija, attualmente in esilio, dopo essere stato arrestato, torturato e condannato per comunicazioni offensive su Twitter contro il presidente e suo figlio.
E proprio il generale Muhoozi Kainerugaba potrebbe essere una delle vittime del recente emendamento, vista la sua fervida e provocatoria attività di cinguettii. Attività che il 4 ottobre gli è costata il posto di comandante delle forze terrestri dell’esercito e che ha messo a rischio i rapporti politici con il vicino Kenya. Ma, realisticamente, l’eventualità che il primogenito, e probabile candidato alla successione, possa essere accusato di “uso improprio del computer” appare alquanto remota.