In Uganda un ragazzo di vent’anni è stato accusato di omosessualità aggravata per aver avuto rapporti sessuali con un uomo di 41. Risulta il primo caso dalla promulgazione della legge anti-Lgbtq+, approvata a maggio tra le grida di sdegno di Stati Uniti, Europa e Regno Unito.
Non è chiaro il motivo per cui il pubblico ministero abbia fatto ricorso all’aggravante. Questa è prevista infatti per rapporti sessuali con minori di 18 anni o con portatori di malattie sessualmente trasmissibili, come l’Aids. Non risulta attualmente sia il caso dell’imputato.
Ciò che si sa è che quest’uomo, ora, rischia la vita. Se per la condanna per omosessualità si rischia l’ergastolo, l’omosessualità aggravata prevede la pena capitale. Sebbene l’Uganda non giustizi nessuno da circa due decenni, la pena di morte non è mai stata abolita nel paese e nulla vieta al tribunale di farvi ricorso.
Da maggio, altre quattro persone sarebbero finite nel mirino della repressione, tra cui un attivista, ma è la prima volta che si ricorre a questa categoria punitiva.
Sul quarantenne coinvolto nella vicenda non si hanno per ora notizie.
Lo scorso 8 agosto, la Banca mondiale ha annunciato la sospensione dei nuovi prestiti all’Uganda a causa di questa legge. Nel comunicato, chiariva come questa andasse in modo sostanziale contro i suoi valori e principi.
Ma il governo ugandese non sembra minimamente intenzionato a retrocedere.