Le gabbie della tradizione sono solide. E, anche se talora mostrano un volto accomodante, non smettono di riproporre schemi sociali consolidati. Come quello del matrimonio combinato che vede protagonista, nel Ghana contemporaneo, la giovane Afi Tekple.
Convinta dalla madre, Afi sposa un uomo che non conosce e si cala nel ruolo della brava moglie, ma si rende presto conto che il marito Elikem Ganyo – bello e ricco, premuroso e assente – ha altro (cioè un’altra) per la testa.
Ed ecco che Afi, tutt’altro che sottomessa, prima si batte per vedersi riconosciuto, appunto, il ruolo di unica moglie e poi, sullo slancio di questa impresa, imbocca la strada dello scoperta di sé come soggetto fino a giungere alla piena emancipazione anche economica.
L’incipit del romanzo è promettente: «Elikem mi ha sposato in absentia: non era presente al nostro matrimonio. La cerimonia si è tenuta il terzo sabato di gennaio nel cortile rettangolare della casa di zio Pious (…) Prima che gli ospiti arrivassero lo zio Pious, che era il fratello maggiore del mio defunto padre, si era lasciato cadere con la sua pesante mole su una sedia, come se fosse stato lui a sposarsi».
Promessa solo in parte mantenuta perché la narrazione talora si avvita su se stessa, quasi appesantita da una vena analitica che però è nelle corde dell’autrice. Adzo Meduie, al suo primo romanzo, insegna Genere e Politica internazionale all’Università di Bruistol ed è ricercatrice all’Università del Ghana.