Uno psicologo clinico e una cooperante mettono insieme numeri, rapporti, convenzioni, leggi, per fornire un quadro documentato su quel che accade nel Mediterraneo centrale. Un libro fotografia di ciò che succede in questo mare crocevia secolare di vite migranti, che ha visto dal 2011 al 2020 arrivare sulle nostre coste oltre 750mila persone.
Giovani adulti, spesso giovanissimi, provenienti per lo più dall’Africa occidentale. In cammino mediamente da 20 mesi, prigionieri in Libia, dopo esser passati di mano in mano, tra intermediari e trafficanti, cui hanno lasciato tutto ciò che avevano. Vittime, di reti sempre più strutturate, di mancate operazioni di ricerca e soccorso in mare, di un’accoglienza inesistente, di protocolli disattesi, di paure e allarmi sicurezza, dell’esternalizzazione dei confini.
Un tema gettonato quello dei migranti che arrivano via mare, capace di fagocitare l’intera cronaca legata alla migrazione, renderla mediaticamente divisiva, in balìa tra i coraggiosi soccorritori e i taxi del mare. Da qui la necessità di fare chiarezza, di mettere in fila leggi e storie, definizioni e storture, stigmi e analisi capaci di condurre oltre la percezione.
Questo fanno gli autori, cercando di smantellare quel che di solito si sente nelle arene politiche e mediatiche e che non consente di fare un ragionamento serio su un fenomeno strutturato. Mentre basterebbe, come loro ricordano, l’utilizzo di un’arma potente, quella del corretto uso della comunicazione.