Per l’Africa, la Turchia è quel vicino di casa sempre pronto ad aiutare. Non sarà ricco e tecnologico come Stati Uniti o Cina. Ma gli lascia a malapena il tempo di dire che ha bisogno di qualcosa, che subito accorre.
L’Africa gli interessa. In particolare, arrivare agli oceani, smarcandosi dal collo di bottiglia del Canale di Suez è tra i suoi interessi primari.
Gli interessa a tal punto, che anche in caso di sconfitta alle presidenziali per Erdogan, la Turchia avrebbe difficilmente cambiato approccio o obiettivi in quest’ambito.
Da circa un ventennio, Ankara procede nel continente africano a passi piccoli, ma costanti. Cooperazione militare, formazione dei quadri dirigenti e soap-opera sono le lance di punta della sua offerta ai paesi africani. Tra questi spiccano Libia, Niger, Sudan, Etiopia e Somalia. Stati deboli, sull’orlo del fallimento, a cui la Turchia tende una mano per permettergli di rimettersi in piedi.
Mentre avanza con la sua strategia diplomatica, fa ottimi affari. Il volume del commercio annuale tra Turchia e Africa è passato da 5 miliardi di euro nel 2003 a 32 nel 2021.