Zanotelli: la “tribù bianca” deve convertirsi. Io per primo - Nigrizia
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Zanotelli: la “tribù bianca” deve convertirsi. Io per primo
Ci portiamo dentro, chi più chi meno, un senso di superiorità che spesso ci impedisce di considerare pienamente le altre culture. Mettiamoci in discussione, a partire dal colonialismo
01 Febbraio 2023
Articolo di Alex Zanotelli
Tempo di lettura 4 minuti
P. Alex Zanotelli (Credit: Appunti di Pace)

Questo articolo è uscito sulla rivista Nigrizia di febbraio 2023

Padre Luca è un missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere) che lavora in Guinea-Bissau. Ha scritto una lunga lettera a padre Alex ponendogli una serie di domande che nascono dalla sua constatazione che dopo 500 anni di colonizzazione noi bianchi ci sentiamo superiori agli altri popoli. Anche i missionari bianchi in Africa si portano, talora inconsapevolmente, questo senso di suprematismo bianco. Come possiamo sbarazzarci di questa pesante eredità storica? Questa la risposta del missionario comboniano…


Grazie per la tua lunga lettera che reagisce alla rubrica precedente “Incontri e volti” dello scorso novembre. Tu affermi che i bianchi si portano dietro una cultura coloniale talmente radicata da “modificare” il loro Dna.

Quello che emerge è la superiorità dell’uomo bianco. Anche noi missionari bianchi con il nostro modo di relazionarci ci comportiamo da colonizzatori. E poi aggiungi: una delle prime associazioni mentali che l’africano fa è “bianco=ricco” e questo vale anche per noi missionari.

Anche i missionari oggi devono convertirsi. Ma per noi uomini bianchi questo processo è lungo e difficile. Rispondo alle tue domande raccontandoti la mia esperienza di missione e come anch’io sono andato in crisi.

Nella mia prima missione in Africa. Ho lavorato in Sudan, facevo l’insegnante in una scuola, e attorno a me vedevo la desolazione della gente. Ma era una desolazione che non mi toccava perché di fatto vivevo in un altro mondo. Poi il governo del Sudan mi espulso perché ero vicino alle ragioni del popolo nuba. Ecco forse con la vicinanza a quel popolo ho cominciato a comprendere che esistono altri mondi.

Poi, era il 1978, ho avuto l’incarico di dirigere Nigrizia e sono andato di nuovo in crisi. Per il mio ruolo ho dovuto studiare a fondo le vicende del colonialismo italiano in Africa e anche a riflettere sulla cultura e la spiritualità dei popoli africani.

Aldilà dei fatti che hanno portato, nel 1987, alla mia rimozione da Nigrizia (la denuncia sui venditori di armi, “i mercanti di morte” che mi ha fatto andare in collisione con il governo e con il Vaticano), avevo sempre più chiaro che l’Africa è un soggetto con tutte le sue complessità e non un semplice oggetto delle nostre mire.

Per questo ho chiesto di poter andare in Kenya per vivere insieme alla gente più emarginata, sentendo sulla mia pelle le loro sofferenze. Durante prima celebrazione eucaristica, non ero ancora nella baraccopoli di Korogocho, mi è venuto spontaneo fare in gesto come prete celebrante: mi sono messo davanti all’altare, ho messo la mano destra avanti e ho chiesto ai presenti di avvicinarsi e di tracciare sul palmo un segno di croce dicendo: “Ti perdono fratello bianco”. Era il minimo che potevo fare.

Prima di riuscire a vivere in baraccopoli ho dovuto fare i conti con l’opposizione soprattutto della Chiesa locale. Era inconcepibile che un bianco andasse a vivere in una baracca. Mi ci sono voluti due anni di lotta per poter arrivare a Korogocho. E lì credo sia avvenuta la mia conversione, nell’immergermi in una realtà drammatica.

La gente di Korogocho mi ha convertito a leggere la realtà con altri occhi e anche a leggere la Bibbia con una consapevolezza diversa. Non è stata una esperienza facile ma è stata una sorta di battesimo. E, soprattutto per noi bianchi, il battesimo dei poveri è fondamentale per fare missione oggi in Africa.

Quando si è esaurita l’esperienza di Korogocho, le piccole comunità cristiane e i pastori delle Chiese indipendenti hanno voluto un momento di preghiera e uno dei pastori ha detto: «Papà ti prego, dona il tuo Spirito Santo a padre Alex perché possa tornare alla sua tribù bianca e convertirla». E il mio lungo cammino di conversione mi ha portato qui in Italia…

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