È prossimo il Natale di Gesù. Anche per lui, secondo il vangelo di Luca, non c’era posto nell’alloggio. È accaduto a lui la stessa cosa che avviene oggi, sotto i nostri occhi, a tanti profughi e migranti. Non trovano posto da noi. È il Natale di colui che nel vangelo di Matteo afferma; “Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Ero straniero e mi avete accolto”.
Quello che avviene oggi nel nostro paese è la negazione del Natale. Il governo presieduto dalla presidente Giorgia Meloni, ha subito rivelato il suo volto razzista: se l’è presa con i profughi e i migranti che attraversano il Mediterraneo per arrivare sulle nostre sponde. Sono i poveri in fuga da guerre o da regioni stremate dai cambiamenti climatici.
Coloro che arrivano dall’Africa subsahariana devono intraprendere un viaggio, lungo e pieno di insidie, attraverso il Sahel e il Sahara. Molti arrivano in Libia, paese instabile politicamente e socialmente dal 2011. I migranti, mentre attendono l’occasione di imbarcarsi per raggiungere l’Italia e l’Europa subiscono angherie e perfino torture nei lager libici. Ma non c’è nessuna pietà per questa gente.
Il governo Meloni, in nome della sovranità, ha deciso di dichiarare guerra alle navi salva vite delle organizzazioni non governative. L’attuale governo le ha definite «navi pirata». Il ministro dell’interno, il prefetto Matteo Piantedosi, ha subito invocato i decreti sicurezza del suo “maestro” Matteo Salvini e ha tentato di chiudere i porti alla navi salva vite.
La Humanity One, che viaggia sotto le insegne della Germania, e la Geo Barents di Medici senza frontiere, che batte bandiera norvegese, sono rimaste a lungo al largo del porto di Catania. E tutti noi abbiamo assistito a questo spettacolo indecente: pura propaganda politica fatta sulla pelle di povera gente in cerca di una speranza.
Secondo Piantedosi, queste navi dovevano essere accolte dalla Germania e dalla Norvegia. Dopo una settimana il governo ha accettato che le navi entrassero nel porto di Catania, ma alla condizione che solo i “fragili” potevano scendere. Mentre «il carico residuale» – questa l’espressione usata da Piantedosi, che ci riporta ai tempi del nazifascismo – doveva tornarsene al largo.
Eppure la Corte di cassazione aveva deciso, con la sentenza su Carola Rackete (comandante della nave salva vite Sea-Watch) che «essere condotto in un luogo sicuro è un diritto di ogni naufrago». E quindi è legittimo entrare in qualsiasi porto in Italia. A quel punto il governo manda i medici a bordo per valutare chi ha il diritto di scendere o meno. E alla fine li ha fatti sbarcare tutti.
Ho vissuto queste vicende con un’amarezza terribile davanti a tanta sofferenza. L’8 di novembre, con alcuni amici di Napoli, abbiamo deciso di andare a Roma per un sit-in non autorizzato davanti al Viminale. Sentivamo di dover reagire. Per ore abbiamo urlato “liberi tutti” e siamo rimasti lì fino a che tutti erano scesi dalle navi.
Come cristiani dobbiamo tutti chiederci: che razza di Natale viviamo in Italia? Come possiamo accettare questo razzismo e dirci ancora cristiani? E ricordiamoci delle parole accoglienti di papa Francesco.
L’articolo è stato originariamente pubblicato nel numero di dicembre 2022 della rivista di Nigrizia.