Ѐ una delle più grandi operazioni di cattura e trasferimento di animali selvatici vivi in Africa australe negli ultimi decenni. Per salvarli dalla siccità, 2.690 esemplari saranno vengono dalla Save Valley Conservancy, nello Zimbabwe meridionale, alle tre riserve di Sapi, Matusadonha e Chizarira, nel nord del paese.
Da luglio 2.000 impala, 400 elefanti, 70 giraffe, 50 bufali, 50 gnu, 50 zebre, 50 eland, 10 leoni e un branco di 10 cani selvatici hanno cominciato ad essere catturati e spostati in un’area protetta nella valle del fiume Zambesi, nell’ambito del Progetto Rewild Zambezi.
Lo Zimbabwe torna così ad essere protagonista di un trasferimento di massa della sua fauna selvatica 60 anni dopo l’Operazione Noah quando, tra il 1958 e il 1964, i colonialisti dell’allora Rhodesia spostarono 5.000 animali minacciati dall’espansione dell’enorme invaso creato da una diga idroelettrica sullo Zambesi, l’attuale lago Kariba, uno dei laghi artificiali più grandi al mondo.
Oggi, sei decenni dopo, gli spostamenti avvengono per il motivo opposto. La persistente assenza di piogge. «Lo stiamo facendo per alleviare la pressione. Per anni abbiamo combattuto il bracconaggio e proprio mentre stiamo vincendo quella guerra, il cambiamento climatico è emerso come la più grande minaccia per la nostra fauna selvatica», ha detto all’Associated Press Tinashe Farawo, portavoce della Zimbabwe National Parks and Wildlife Management Authority.
«Molti dei nostri parchi stanno diventando sovrappopolati e c’è poca acqua e cibo. Gli animali finiscono per distruggere il loro stesso habitat, diventano un pericolo per se stessi e invadono gli insediamenti umani vicini per il cibo, provocando un conflitto incessante», ha aggiunto.
Gli effetti del cambiamento climatico – uniti al bracconaggio e alla progressiva riduzione degli habitat – sulla fauna selvatica non sono isolati nello Zimbabwe. Operazioni come il Progetto Rewild Zambezi, anche se su scala più ridotta, stanno diventando sempre più frequenti.
Lo scorso luglio, anche il Malawi ha trasferito circa 250 elefanti da Liwonde al Parco nazionale di Kasungu, dove il bracconaggio aveva sterminato la popolazione di pachidermi, rimasti in 50, a fronte di una popolazione di 1.200, registrata cinque decenni prima. Per gli stessi motivi, nel 2016, altri 500 esemplari erano stati trasferiti da Liwonde e Majete alla riserva di Nkhotakota.
In tutta l’Africa, i parchi nazionali e i loro delicati equilibri sono dunque sempre più minacciati da precipitazioni fortemente al di sotto della media e dalle attività umane, tra cui anche il disboscamento e l’espansione di nuovi progetti infrastrutturali ed energetici.