Zimbabwe: Mnangagwa grazia 4mila detenuti - Nigrizia
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Incluse persone che erano state condannate alla pena di morte, commutata poi in ergastolo
Zimbabwe: Mnangagwa grazia 4mila detenuti
Le carceri del paese restano sovrappopolate
22 Aprile 2024
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 4 minuti
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Sono oltre 4.000 i detenuti che hanno ritrovato la libertà in Zimbabwe per effetto di un’amnistia concessa dal presidente Emmerson Mnangagwa. Il provvedimento è il secondo di questo tipo in meno di un anno e mira ad alleviare lo stato di sovrappopolamento in cui versano le carceri del paese. Fra i reclusi che sono stati liberati figurano anche alcune persone che erano state originariamente condannate a morte e la cui pena è stata poi commutata in ergastolo.

La misura è stata annunciata in occasione del 44esimo anniversario dell’indipendenza del paese, raggiunta dalla Gran Bretagna il 18 aprile 1980 dopo circa 90 anni di dominazione coloniale. Il ritorno alla sovranità dello Zimbabwe ha portato all’abbandono del vecchio nome Rhodesia e soprattutto al superamento, dopo oltre 15 anni dl lotta di liberazione, di un regime di segregazione razziale che vigeva nel paese dal 1964. Da quando, ovvero, la minoranza bianca della popolazione aveva preso il comando e dichiarato unilateralmente l’autonomia da Londra. Anche le politiche della precedente amministrazione britannica erano comunque segnate da una netta gerarchizzazione su base razziale a favore dei bianchi.

Stando a quanto riportato dai media locali, la grazia annunciata da Mnangagwa riguarda solo gruppi specifici di detenuti. Fra questi vi rientrano tutte le donne e i minori di età che hanno scontato almeno un terzo della pena e tutti gli uomini di età superiore ai 60 che hanno trascorso dietro le sbarre l’equivalente di almeno un decimo della condanna, oltre che i detenuti malati terminali e le persone non vedenti o con altre gravi disabilità che hanno trascorso in carcere almeno un terzo del tempo previsto dalla giustizia di Harare. Libere anche le persone in carcere senza un’accusa formale da almeno 48 mesi. A beneficiare dell’amnistia anche quei carcerati che si erano visti commutare la pena da condanna a morte in ergastolo e che hanno passato in prigione almeno 20 anni. Oltre a questo, tutti i condannati a morte che hanno passato in carcere almeno 10 anni si sono visti convertire la pena in ergastolo.

Sono stati invece esclusi dalla grazia le persone che si sono macchiate di una serie di reati fra i quali: reati sessuali, rapina, violenza pubblica, possesso illegale di armi da fuoco, traffico di esseri umani e furto o vandalismo di infrastrutture elettriche e di telecomunicazioni. Non hanno potuto beneficiare dell’amnistia anche i carcerati che erano già stati liberati in passato grazia a misure simili, quelli condannati da tribunali dell’esercito e quelli che hanno all’attivo un tentativo di evasione.

Utile ricordare che l’amnistia arriva in un momento in cui lo Zimbabwe è a un passo dall’abbandonare la pena di morte in forma definitiva. La legge che sancisce la rimozione di questa pratica dall’ordinamento del paese è stata già approvata dal governo a febbraio e aspetta ora solo un ultimo, apparentemente scontato lascia passare del Parlamento, che l’ha già esaminata e avallata in prima istanza a novembre. I condannati a morte nel paese sono fra i 60 e 80 – a seconda delle fonti – e non è chiaro quanti di questi siano stati liberati per merito della grazia annunciata in questi giorni dal capo di stato.

Problema radicato 

Già a maggio Mnangagwa aveva promosso un’amnistia nell’ottica di migliorare le condizioni dei centri di detenzione. Secondo il World Prison Brief, un database del Birkbeck College dell’Università di Londra, il tasso di sovraffollamento dei carceri in Zimbabwe era pari al 131% con dati del 2022. Nelle prigioni del paese africano si trovavano infatti 21mila detenuti a fronte di una capienza complessiva di 17mila. Numeri comunque inferiori di quelli forniti da Moses Chihobvu, alla guida dell’agenzia statale che si occupa dei centri di detenzione. Il dirigente ha affermato infatti che «prima dell’amnistia c’erano 24mila reclusi; ora con 4mila in meno – ha aggiunto parlando dell’amnistia -, le strutture restano ancora piene».

Rispetto ai fattori all’origine di questa situazione, il criminologo locale Obert Muzembe, ascoltato dall’emittente pubblica statunitense Voa, ha puntato il dito anche contro l’alto tasso di inflazione che caratterizza l’economia del paese – e che la Banca centrale ha provato ad alleviare emettendo una nuova moneta, la sesta dal 2008 -: «È una dinamica che esercita pressione sulla società e molte persone vulnerabili finiscono per ricorrere a mezzi illegali per sopravvivere». Ne consegue la necessità di lavorare su più livelli, «educando la società», ha suggerito Muzembe , che a questo proposito a poi chiamato a un maggiore impegno le Chiese locali.

Oltre a essere sovrappopolati, gli istituti penitenziari dello Zimbabwe sono noti per le pessime condizioni igieniche e i trattamenti disumani. Famigerato da questo punto di vista è il carcere di massima di sicurezza Chikurubi nella capitale Harare, dove fino a quel mese fa era rinchiuso anche un oppositore politico di primo piano come Job Sikhala.

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